lunedì 5 novembre 2012

Matara e il fiume

Ci avevano suggerito di non visitare Matara, città piena di smog e asfalto, afosa e poco accogliente, poche strutture ricettive e le poche in cattivo stato, nulla di veramente interessante da fare e da vedere.
Chi ci aveva suggerito questo deve aver visitato un'altra Matara, magari in un altro stato, che so..
Non so perchè l'abbiamo scelta nonostante i pareri negativi, credo forse perchè si trovava a metà strada tra Mirissa e Tangalle o forse proprio per i pareri negativi.
Ci spostiamo nuovamente in tuk tuk e ben presto spiaggia, vegetazione intensa e stradine polverose vanno diminuendo. Matara ci accoglie con gli schiamazzi e le immense strade asfaltate tipici delle grandi città.
Il caldo e il caos sono così intensi che entrambi appiccicano i vestiti alla pelle.
La nostra destinazione è il River Inn di cui abbiamo letto bene sulla guida Lonely Planet e su diversi forum di viaggiatori; la scelta era piuttosto ridotta ma l'idea di chiuderci in un albergo nel frastuono della città non ci attirava mentre dalla descrizione il River Inn, benchè un po' defilato, sorge sul fiume principale.
Le case sul fiume hanno quel fascino discreto e nobile al contempo che il movimento dell'acqua stempera o acuisce, a seconda del tipo di fiume e a seconda della stagione.
Il River Inn è una splendida e ben tenuta casa di famiglia, curiosamente attaccata alla prigione cittadina.
Gli sguardi ammiccanti e incuriositi delle guardie armate, nella loro impeccabile divisa verde, si confondono al nostro arrivo in tuk tuk ad altri mille sguardi di chi non vede molti turisti, soprattutto da queste parti.
Solo un cortile ben piantumato ci separa dal Nilwala Ganga, il fiume, e una stradina polverosa dal cancello del carcere.
Pensiamo immediatamente che ci aspetteranno giornate interessanti, altro che nulla da vedere.
Nel nostro programma dobbiamo almeno vedere qualche coccodrillo, qualche detenuto, qualche scena interessante nel cortile del carcere e aspettare qualche avventura che sicuramente ci capiterà.
Ma procediamo con ordine.
Il River Inn è una casa, una grande casa in mattoni rossi piuttosto moderna e occidentale. Il piano terra e il primo piano sono abitati dai proprietari mentre i successivi due piani sono adibiti a stanze che hanno tutte l'affaccio su una balconata ampia e attrezzata con tavolini e poltroncine e vista rigorosamente sul fiume.
Ci accoglie la proprietaria, Tania, una bella e giovane donna sulla trentina.
Tania è loquace, parla fluentemente inglese ed è muslim, mussulmana.
Ma il mio Buddha tatuato la sorprende, lo tocca, osserva tutti i miei tatuaggi con entusiasmo e con esclamazioni  di apprezzamento. Ci spiega che suo marito è buddhista, ha un tatuaggio eseguito a Singapore ma lei, che li ama così tanto, non può tatuarsi perchè è una mussulmana osservante e rispetta la sua religione. Deve percepire il nostro sguardo sorpreso e ci racconta di come spesso la realtà per noi occidentali possa essere falsata, pilotata e distorta. La sua è una unione di amore e rispetto, il fatto che abbiano due religioni differenti ha significato solo due matrimoni, tutto qui.
Ci accompagna nella nostra camera, foderata di mattoncini rossi, con letto ampio, ventilatore a soffitto, scrivania, armadio a vista e bagno con doccia, spartano ma pulitissimo.
Si scusa per il fatto che generalmente si adopera per i suoi ospiti cucinando piatti tipici invitandoli alla sua tavola ma in questo periodo le scuole sono chiuse e deve badare ai suoi bambini quindi non riesce a dedicarsi a noi come vorrebbe; se dovessimo avere bisogno è sufficiente bussare alla sua porta.
Dieci euro a notte in due per sentirci più che a casa. Ma Matara non era stata definita poco accogliente?
Sì sì, deve essere un'altra Matara.
E' sera, sul fiume, e nel gracidio intermittente una preghiera buddhista accompagna la piega morbida delle acque.
Siamo senza apparente meta: è cominciato il viaggio per davvero.
La prima notte, racchiusi da mattoni rossi con uno sguardo aperto sul fiume e sulla vegetazione, ci regala visioni.
I rumori nel buio sono luci nella nostra fervida immaginazione: squittii, battiti d'ali, tuffi e tonfi nell'acqua, fruscii tra le foglie delle palme. E chi dorme? siamo due bambini nel pieno dell'avventura.
Basta attendere seduti nel silenzio animato della natura e ogni cosa viene da sè, uno schermo 3d senza telecomando, pura visione, pura esperienza sensoriale.
La sera in Sri Lanka arriva come in tutto l'Oriente con il profumo delle noci di cocco bruciate nei piccoli bracieri a ciotola cui fa seguito l'aroma intenso dell'incenso votivo a Buddha.
Si spengono lentamente una ad una tutte le luci e i rumori dei tuk tuk e dei clacson roboanti di autobus sempre troppo affollati. 
Si ha la sensazioni che con il silenzio aumenti anche lo spazio e si estenda fino a non percepirne più i confini.
Un fruscio di fronde e due piccoli globi dorati illuminati indiscretamente dalle nostre torce ci presentano il primo ospite del nostro show: uno zibetto in perlustrazione tra le foglie della palma.
La coda lunga sembra anche morbida e soffice ed è attaccata ad un corpo di gatto dalle orecchie corte e dritte; i movimenti sono eleganti e leggeri e gli consentono di fare il trapezista tra noci di cocco e l'anima dura delle foglie. 
Si susseguono tuffi nel fiume; immaginiamo volentieri contorsioni ed evoluzioni acquatiche di coccodrilli famelici a caccia nel buio.
Un'ombra nera scorta nella zona morta dello sguardo ci mette in allarme e la sensazione di un corpo che ha spostato l'aria ci fa battere più velocemente il cuore. Attendiamo. In silenzio.
Lo sentiamo di nuovo e pronti come due piccoli esploratori illuminiamo il cielo: una enorme volpe volante attraversa l'orizzonte mostrandoci per intero un corpo peloso focato con una bizzarra testa da canide.
Se non l'avessi visto con i miei occhi sarebbe potuto essere un animale inventato, un po' come la storia dell'ornitorinco. Per secoli è stato ritenuto un animale immaginario fino a che non è stato avvistato ed è stata decretata la sua reale esistenza. 
Il sonno tarda ad arrivare, dormiamo poche ore e assistiamo all'alba e al suo gelido soffio.
Ci prepariamo un caffè caldo con la stessa vecchia resistenza comprata in India e ormai a rischio scossa, ci copriamo per bene e in silenzio osserviamo il giorno che arriva.
Per un momento penso agli antichi popoli che credevano che esistesse un immenso carro che trasportasse il sole nel cielo ad illuminare e rendere rovente una nuova giornata.
Guardo bene attraverso il fumetto caldo del caffè e non è un carro ma una flotta di volpi volanti che da Ovest solca il cielo verso Est con il passo lento dell'Oriente.
Per un attimo mi sento in Jurassik Park.
Intravvedo distintamente una volpe volante con un buco in un'ala attraverso il quale il cielo fa un ricamo inaspettato. Sono talmente tante che ti lasciano il tempo di prendere la macchina fotografica per immortalarne il volo placido. Chissà dove vanno. Non sappiamo ancora che lo scopriremo nei giorni successivi.
Ormai siamo svegli, nonostante la notte impegnativa, quindi usciamo e ci dirigiamo all'isoletta di Parewey Dewa.
In realtà è uno zuccotto di rocce che sorge poco distante dalla spiaggia, raggiungibile a piedi da un pulito e moderno ponticello pedonale e abitato solo ed esclusivamente da un tempio buddhista.
Dimentichiamo per un attimo che Matara si affaccia oltre che sul fiume anche sul mare e in effetti il mare qui è strano, è poco percepibile, si ha la sensazione che sia lì per caso.
Rientriamo presto, il fiume in questo caso è molto più attraente di questa desolata spiaggia vuota e di questo intruso che sembra essere il mare.

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