domenica 23 febbraio 2014

Io che ho avuto quattro vite (tratto da una storia realmente accaduta)

"Ci fu una prima volta.
Nacqui e quello che vidi non mi fu subito chiaro, anzi a dir la verità trovai tutto molto confuso.
Mi muovevo a fatica, dovevo ancora imparare a camminare e mi stancavo molto.
Vivevo di odori, il profumo buono e caldo della mia mamma e l'odore dei miei fratelli, uguale al mio.
Annaspavo respirando terra e polvere ma quel contatto caldo mi tranquillizzava e cadevo addormentato senza accorgermene.
Un giorno l'odore buono e caldo se ne andò e non tornò più, lasciandomi come spezzato sul ciglio della strada.
Io e i miei fratelli rimanemmo soli, assaggiando più volte il rumore secco del bastone, vivendo di quel poco che si trovava qua e là e spesso nemmeno di quel poco.
Imparai presto l'amaro sapore della fame, quello che arriva quando deve ancora fare luce e non ti abbandona più, quello che ti fa rovistare tra rifiuti e cartacce, ti rode dentro rabbioso e ti fa diventare sempre più debole.
Pensavo che la vita fosse quella: svegliarsi, sopravvivere fino alla fine delle forze, scappare dal bastone che  arrivava secco come una fucilata e dormire con un solo occhio chiuso, l'altro sempre in allerta.
Sognavo di addormentarmi, come facevo quando ero più piccolo e di non svegliarmi più.
Ma un giorno arrivò lei.
In realtà noi la trovammo, infilandoci sotto ad un grande cancello e presentandoci, un poco diffidenti, nel giardino di quella grande casa.
Lei era gentile, parlava una lingua strana ma dolce e soprattutto ogni giorno lasciava qualcosa per noi dentro ad una ciotola in mezzo al prato.
Nacqui per la seconda volta.
Lei c'era sempre, con l'acqua fresca e un po' di cibo da dividere tutti insieme.
Ogni giorno.
Aveva messo un panno morbido sul marciapiede, nell'angolo protetto della casa, dove il vento e la pioggia faticavano ad arrivare e nemmeno i bastoni arrivavano.
Stavamo tutti vicini e la vita mi sembrava quella: calore, cibo e la sua voce dolce che non capivo ma che mi faceva sentire al sicuro.
Cominciai a crescere, cominciammo a crescere tutti e stavamo diventando forti.
Lei non fu più sola, arrivò anche lui che a turno ci sollevava da terra con una sola mano e ci faceva dormire sulla sua pancia.
Lei una volta alla settimana ci lavava, togliendo tutto lo sporco e il prurito dalla nostra pelle e ci lasciava asciugare felici al sole giocando sotto al suo sguardo attento.
Io la guardavo e la vedevo distendere le labbra: sorrideva, gli piacevamo.
Il tempo ci lasciò solo in due, io e mia sorella.
Ma, pensai, la vita doveva essere quella: la porta che si apriva ogni mattino, lei e lui a salutarci e accarezzarci, il cibo, le corse sul prato, le noci di cocco da masticare, i varani da inseguire, le scimmie da scacciare, il tramonto da guardare e la notte, una lunga notte di riposo, con entrambi gli occhi chiusi.
Poi un giorno improvvisamente tutto diventò buio, il respiro mi abbandonò, il cuore batteva così forte che mi spaventai e quel dolore strano che mi faceva cadere la testa all'indietro mi avvolse in un gelo che non conoscevo e che mi irrigidiva tutto.
Pensai: allora è questa la morte, buio freddo e male.
Mentre ero in quel buio però sentii la sua voce e la sua mano calda, aprii gli occhi e la vidi.
Fu lì che nacqui una terza volta e fu mentre buttavo i miei occhi dentro i suoi che mi accorsi che erano pieni di pioggia e le sue parole tremavano come fanno le foglie al vento.
Allora pensai che la vita doveva essere quella: nascere e morire tante volte e ogni volta che si rinasceva era meglio, perchè c'era lei ad aspettarmi insieme a lui.
Diventai grande, diventai forte, diventai fiero e imparai il mio nome, quello che lei mi aveva dato.
Ci chiamava spesso anche quando eravamo nella foresta e noi correvamo forte per arrivare prima.
Poi una notte sentii un grande freddo togliermi le forze e capii che di nuovo la vita stava scivolando via da me.
Sentii la sua voce e il suo pianto, mi abbandonai al suo cullarmi per tenermi caldo, pensai che forse morire non era così male in fondo, lei era con me e ci sarebbe stata anche dopo.
Infatti aprii di nuovo gli occhi e li ributtai ancora nei suoi, mi distesi tranquillo e stanco come dopo una battaglia.
Lei spense la luce e mi lasciò riposare.
E io nacqui per la quarta volta.
La mia vita era quella: una felicità così grande che potevo morire e rinascere ogni volta.
Poi se ne andò anche lei, con lui.
Rimasi solo con mia sorella, una nuova casa, nuovi odori e cominciai ad aspettarla, perchè se ne era già andata altre volte ma era sempre tornata da me.
La foresta quel pomeriggio era molto silenziosa, io sentii solo il tamburo del mio cuore nelle orecchie e il cielo farsi sempre più piccolo fino a sparire.
Adesso riapro gli occhi e trovo i suoi, pensai.
Ma non vidi nulla, sentii solo il freddo acciaio di una pala e l'odore nauseabondo dei rifiuti.
Qualcuno mi stava buttando via, sentivo sopra di me il volo furioso dei corvi ma lei non c'era e io, io non riuscivo più a svegliarmi.
Ho ancora gli occhi chiusi, non ho più memoria di quello che è successo dopo.
Io aspetto.
Aspetto i suoi occhi."

Ciao Mimmino












domenica 16 febbraio 2014

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