martedì 28 agosto 2012

Alla ricerca di una barca in mezzo al mare in un mattino burrascoso

E' il sette di dicembre del 2009, siamo in Thailandia ormai da un mese e abbiamo di fronte a noi ancora un mese di avventure.
Ci imbarchiamo per Phuket e la pioggia fitta che cade sul porto di Koh Lanta scolora ogni cosa.
Usciamo dal porto "a vista" tra pioggia battente, nebbia e mare che diventa via via più mosso.
Siamo costretti a stare sottocoperta con i finestrini che perdono acqua e che ogni tanto si aprono violentemente per il vento e le onde.
Hanno messo un bidone di plastica giallo sotto il gocciolare persistente del tendalino che dovrebbe proteggerci dalle intemperie e i nostri bagagli, benchè protetti dalla guaina antipioggia, si stanno inzuppando.
Prendiamo il mare sfidandolo come si fa con la vita.
Faremo un cambio in mezzo al mare prima di raggiungere Koh Phi Phi e proseguire per Phuket ma le premesse non sono buone, sfioriamo le long tail dei pescatori che ondeggiano come gusci sulle onde e non vediamo al di là della bandierina a prua della nostra barchetta, ma tutto sommato siamo tranquilli.
Penso che se proprio la mia vita deve terminare ora, non esista luogo migliore e cioè in mezzo al mare della Thailandia con il sorriso sulla faccia.
Seduti come anguille bagnate che tentano di non scivolare ad ogni sobbalzo dal sedile rigido di plastica, navighiamo verso il centro del temporale e qualcuno comincia a dare i primi inevitabili segni di nervosismo facendo inutili e insistenti domande al personale di bordo, costituito da tre ragazzotti tutto fare, il capitano al timone e una signora di mezza età che ha tutta l'aria di comandare e sovrintendere tutte le operazioni.
Gli zingari sono gente di mare, credo imparino a nuotare ancora prima di camminare e la loro proverbiale abilità a destreggiarsi in queste acque non mi crea alcuna preoccupazione, tutt'altro.
Non vedo strumentazione di bordo particolare, non vedo cioè navigatori satellitari o radar ma solo l'occhio attento e vigile del capitano e dei suoi addetti.
Scrutano l'orizzonte, si fanno segnali e cosa vedano e come facciano a orientarsi in quella totale assenza di visibilità, ancora oggi non me lo spiego.
Portare una barca a vista in mare aperto in queste condizioni ha del resto i suoi rischi. Si può perdere "la strada". Ed e' così che forse ci siamo ritrovati a girare in tondo tra onde alte più di due metri con l'equipaggio in evidente stato di concitazione.
Non si trova la barca, non sappiamo dove siamo e non sappiamo se loro, l'equipaggio, sa cosa fare.
La situazione ha un che di divertente e non so perchè. 
Alla fine compiamo dei giri in tondo e la barca o nave fantasma non appare.
L'unica persona che non ha perso il controllo e incita i suoi uomini a da farsi è la signora thailandese.
Impartisce ordini, va avanti e indietro sul sottile corridoio esterno della barca senza mai avere un cedimento e sembra sapere esattamente quale decisione prendere.
La barca non la troviamo perchè non c'è, scopriremo che ha scelto un approdo sicuro anzichè rischiare di cozzarci contro in mezzo al mare e ha scelto bene perchè non è una barca ma una nave.
Si decide quindi di raggiungerla nella baia di Koh Phi Phi dove la vegetazione intensa e livida arriva fin sulla spiaggia e nonostante le condizioni metereologiche avverse ci lascia senza fiato.
Facciamo un cambio imbarcazione tra i flutti violenti della baia inzuppandoci d'acqua fino al midollo e imbarcandoci su una grossa nave già stipata.
Proseguiamo per due ore rimanendo in piedi tra il continuo via vai di turisti che non riescono a darsi pace. Siamo in mare, c'è una tempesta, state tranquilli al vostro posticino e tutto sarà più agevole. Ma no, l'impazienza occidentale deve prevaricare sul buon senso, come sempre.
Arriviamo infine a Phuket, dividiamo un taxi (quasi introvabile) con un arzillo inglese e giungiamo finalmente all'Andakira Hotel, bella struttura con piscina dispersa ai margini del centro e immersa in cantieri di nuovi alberghi in costruzione.
Ma il nostro soggiorno a Phuket è breve, la meta non è delle più allettanti se non per dovere di conoscenza.
Qui si viene per illudersi di essere amati, di divertirsi, di essere felici, una sorta di paradiso artificiale dove con il denaro costruisci il tuo piccolo mondo illusorio.
Prostitute di ogni età e bellezza, lettini con ombrelloni e pedalò su una spiaggia che ha conosciuto momenti migliori, negozietti commerciali che vendono cineserie a caro prezzo, ristoranti che di thailandese non hanno nulla nemmeno il nome, Phuket è un'isola di divertimenti per occidentali stanchi, annoiati e pigri.
Ma come sempre penso che c'è un posto al mondo per tutti e i settantenni che si aggrappano a piccole thai che dondolano dai loro improbabili tacchi alti promettendo amore e fedeltà in cambio di denaro non sono giudicabili nemmeno da chi non ha mai pensato di ritrovarsi vecchio solo e bisognoso di carezze.
La vecchiaia non arriva con l'età, ma con la dimenticanza e qui si ha l'illusione, per un attimo che dura una vacanza, di poter essere ricordati.


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