giovedì 9 agosto 2012

partenza per Koh Lanta_vis à vis con un elefante

Abbiamo bisogno di muoverci, noi siamo quelli dei "tre giorni poi si parte", magari si ritorna, però si deve partire.
Le notti al Lu Boa Hut ci hanno lasciato un poco spossati: quando le zanzare se ne vanno, tra le 11 e le 4 del mattino topi di varie dimensioni disposti in fila indiana sulla testiera del letto fanno festa con tutto ciò che trovano, e non basta evitare di lasciare cibo in giro perchè l'ultima volta si sono mangiati il carica batterie del tuo cellulare! Agiscono instancabili appena spegniamo la luce per fuggire rapidi non appena la riaccendiamo. Al di là dei danni, è il rumore che fanno frugando qua e là a mettere a dura prova i nervi.
Poi arriva il nostro cane, si aggira zampettando sotto il porticato, gratta la porta, scodinzola, vorrebbe giocare ma sono le cinque del mattino!
Le scimmie danno il cambio al cane, si svegliano e sono felici perbacco! e manifestano tutta la loro felicità giocando rumorosamente tra le foglie ma soprattutto emettendo delle urla a cadenza regolare insieme a gorgheggi gutturali profondi.
Non fanno danni, saltano sul tetto di lamiera come se si divertissero un mondo.
E così la mattina arriva.
Insomma il posto è veramente bello e il contatto che si ha con la natura è impareggiabile ma dobbiamo muoverci, sperimentare nuovi luoghi, nuove foreste, nuove spiagge e..nuovi animali! E soprattutto riposare un po'!
Ci spostiamo ancora più a sud, a Koh Lanta un'isola molto più grande.
Saliamo con i nostri bagagli sulla long tail boat e attendiamo pazienti sotto ad un sole cocente l'arrivo della barca che ci porterà a destinazione.
La prima volta siamo scesi, ora risaliamo.
Il Lanta Concorde (un nome-un programma) viaggia veloce giusto il tempo di sentire l'aria fresca sulla faccia e farci riposare un poco.
Koh Lanta ci appare da lontano con il suo affollato e sgangherato porto da cui ogni ristorante che vi si affaccia sembra sfidare le leggi di gravità, arrampicato su palafitte che finiscono nel fondo marino.
Scendiamo e siamo circondati da negozietti, market, bazar, negozi di cambio, agenzie, resort, affittacamere, tutti attaccati l'uno all'altro su Long Beach, una lunga lingua di spiaggia bianca che corre per il primo pezzo di lato ovest dell'isola.
La nostra prima fermata è al Lanta Pavillion Resort che ha l'aspetto di un villaggio ma è molto più sobrio e semplice. Abbiamo un piccolo e discretamente attrezzato bungalow a pochi passi dalla spiaggia, con bagno doccia calda, ventilatore e un portichetto con tavolino e seggiole su cui trascorreremo serate indimenticabili sorseggiando una birra di fronte al tramonto.
E' il 29 di dicembre e la sera la passiamo sulla spiaggia a lume di candela mangiando pesce fresco cotto al bbq. 
Lontano si vede un peschereccio e il gioco di luce dei suoi potenti fari fanno arrivare fino a riva una strada di piastrelle luminose, un sentiero zen che se potessi prendere mi porterebbe fino al peschereccio.
Continuo a ripetermi che ogni cosa che sto vivendo me la ricorderò per tutta la vita, ed è vero.
Abbiamo un nuovo motorino con il quale maciniamo kilometri e kilometri.
Oggi abbiamo attraversato letteralmente l'isola e abbiamo raggiunto Koh Lanta old town.
Port Saladan è la città moderna, città per così dire, ma è il punto nevralgico dove attraccano i barconi con i turisti, vi sono banche e supermercati, l'ospedale e le farmacie; old town, come dice il nome stesso, è l'antico centro abitato e ha un fascino superiore.
Il mare qui fa una ampia ansa e qua e là isolotti a punta sbucando dalle acque sembrano meteoriti verdi lanciati dall'alto e posizionati qua e là. La vista è superba.
L'interno che noi percorreremo in lungo e in largo ha un aspetto più tropicale rispetto a Koh Jum, vi sono foreste fittissime spezzate a metà per lasciar spazio alla strada polverosa che le attraversa e ci si trova abbracciati da tutto questo verde che respira.
Il mare qui cambia colore a seconda delle terre che lambisce: in alcune spiagge è blu intenso, in altre diventa azzurro cristallino e dove la vegetazione è molto fitta assume un colore verde scuro.
Anche qui alberi della gomma e case in costruzione, terra rossa che si deposita sui vestiti e sulle foglie al ciglio della strada.
Alle cinque del mattino e alle cinque della sera l'altoparlante diffonde la preghiera islamica con la sua riconoscibile cantilena ed è lo stesso altoparlante utilizzato per l'allarme tsunami.
Il 30 di dicembre decidiamo di fare un'escursione con elefante.
Abbiamo visto diversi posti dove abbinano l'escursione a un giro nelle caverne ma i prezzi esosi e molto turistici ci fanno scegliere l'elefante che vediamo dalla strada quando passiamo con il motorino e lui solleva la proboscide come per salutarci.
L'elefante è indiano, molto più piccolo di quelli africani, ma non così piccolo!
Saliamo a bordo, la pelle dell'elefante è cuoio grigio sotto ai miei piedi.
Saliamo con lui la collina e godiamo del paesaggio a perdita d'occhio: Koh Phi Phi e Koh Rock in mezzo al mare sembrano due enormi balene in superficie per respirare. Sono emozionata, non avevo mai visto un elefante da così vicino e l'occhio che ogni tanto mi osserva sembra un pozzo nero enigmatico.
E' l'unico elefante che ha ancora le zanne che abbiamo visto sull'isola.
Finiamo il giro, scendiamo su una piattaforma sollevata da terra giusto l'altezza dell'elefante e il padrone mi porta un cestino di banane, meritate.
E lì accade l'imprevisto.
L'elefante prende le banane dalle mie mani poi si innervosisce improvvisamente e compie una torsione della testa, zanna inclusa, verso di me, come per lanciarmi via.
In quel momento non so davvero cosa ho pensato, se non ad aggrapparmi forte ad un palo della palafitta per evitare di cadere e venire calpestata.
Lo stesso palo che ha salvato la mia cassa toracica non proprio esagerata dal colpo della zanna.
Il padrone urla, lo sgrida e lui....lui scappa in mezzo alla foresta di gran lena!!!!
Sul momento non ho davvero valutato il pericolo che ho corso per un attimo. Se avesse messo più forza in quel gesto probabilmente sarebbe finita diversamente.
Morale: l'elefante è scappato in mezzo alla foresta, il padrone e sua moglie hanno cominciato a scusarsi e a offrirci cocomero fresco e bibite costernati e dispiaciuti.
Li abbiamo tranquillizzati poichè alla fine non era successo nulla, lì per lì nemmeno lo spavento!
Alla sera, alla fine del nostro scorrazzare in motorino, siamo ripassati davanti alla casa dell'elefante e abbiamo visto apparire tra le piante quell'elefante cavalcato dal suo padrone che finalmente (ma era sera) era riuscito a trovarlo e a riportarlo a casa. I suoi gesti di scuse e di saluto ci hanno accompagnato per tutto il breve tragitto in cui ci siamo incrociati.
Un'avventura inaspettata.
Vissuta in tranquillità, tantè che solo dopo tempo ho acquisito un certo timore nei confronti degli elefanti che, al di là della loro buffa mole e del loro pacioso aspetto, possono essere potenzialmente molto pericolosi.
Chissà, forse non le ero simpatica oppure ho fatto involontariamente un movimento che lo ha disturbato.
Ancora oggi a distanza di tempo non nutro rancore verso l'elefante, semmai un grande rispetto per tutto il male che ha subito e sta subendo dall'uomo. L'elefante ricorda e ricorda molto bene.
Gli attacchi degli elefanti hanno sempre un motivo, vendetta o protezione.
Non abbiamo più rivisto quell'elefante e la cosa mi ha turbato. Che fine avrà fatto? poichè potenzialmente pericoloso gli avranno tolto le zanne? lo avranno portato via?
Quello che conservo di quell'esperienza non è una valutazione negativa dell'animale, tutt'altro.
E' consapevolezza che l'uomo non può sempre fare quello che gli pare alla natura solo perchè in alcuni casi può prevaricarla. La natura, ci mettesse milioni di anni, alla fine vince perchè è l'essenza primaria della vita. E la vita vince. Sempre.


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