lunedì 29 aprile 2013

Quando le parole non bastano

Sto attraversando una fase nuova per me, che fermo con le parole qualsiasi emozione.
E' la fase della contemplazione, dove nemmeno le parole possono arrivare.
Trascorriamo giornate così intense di vita e di visioni che spesso mi risulta difficile anche il solo pensare di tradurle in racconti.
Ma questo è il mio mestiere e troverò nell'immenso cielo che ci sovrasta parole nuove o dimenticate, un po' come la vita che ci sta avvolgendo.
E' nuovo: ogni canto di uccello che ancora non conosciamo, una verdura mai vista che a vederla è già buona, una spezia che non abbiamo mai assaggiato ma che da colore alla cucina il solo averla, ogni tramonto perchè ogni volta è diverso e inaspettato, ogni nuova parola che ci viene insegnata in singalese e che ci ripetiamo all'improvviso mentre andiamo in motorino nel vento per tenerla a mente, entrare nella casa di un muslim potente e osservare, parlare con un importante Ministro e accorgersi della purezza e della fierezza delle proprie intenzioni, acquistare due pappagalli appena catturati solo per donare loro la libertà e vederli volare lontano, e in quel volo riconoscersi, comprare una rosa e piantarla in giardino facendole una cornice di sassi.
E' dimenticato (ma ritrovato): un gesto cortese da uno sconosciuto senza secondi fini, una visita di un nuovo amico solo per vedere se stiamo bene, trascorrere una giornata dimenticando tutto senza avere il senso di colpa per il non fare nulla, la dolcezza del mattino quando tutto si risveglia, l'entusiasmo di un bambino quando apre il suo unico regalo per il suo compleanno, essere gli unici invitati al suo compleanno, la gratitudine trasmessa con uno sguardo senza le parole, scoprire che possiamo fare senza un sacco di cose che ci facevano solo perdere tempo prezioso, lavare i panni a mano in cortile con il sapone e stenderli sul filo teso tra due alberi, attendere la pioggia senza avere paura di bagnarsi, avere caldo perchè fa caldo e sudare, camminare sempre a piedi nudi come quando si era bambini.
Ognuno ha il suo posto nel mondo, il nostro, per questa parte di cammino, è qui.






lunedì 22 aprile 2013

About "living" in Sri Lanka

Siamo stranieri, "foreigners", e non è opinabile.
Siamo bianchi, abbronzati certo, ma bianchi.
Siamo tatuati e, eccetto per l'inglese, ancora non parliamo singalese.
Siamo un faro in mezzo al mare, una lampadina nell'oscurità, una macchia bianca su un tessuto nero.
Questo è un bene più che un male.
Qui la polizia se sei straniero abbassa lo sguardo al tuo passaggio e finge di non vederti anche se stai guidando un motorino nuovo con targa provvisoria come stiamo facendo noi, lascia passare e non disturba.
Nel nostro bianco vestito in banca ci fanno passare la fila, nei negozi la coda nonostante la nostra insistenza a voler essere corretti e dar precedenza alla signora con figli a seguito che compra un kilo di patate e il latte. Non c'è modo.
Non solo. Le persone ci salutano per strada, ci chiedono dove stiamo e se ci troviamo bene.
Il nostro proprietario ci ha fatto una rapida visita il giorno dopo per sapere se eravamo contenti, soddisfatti e felici.
Dal momento che ci sentiamo le persone più fortunate della terra, il nostro sorriso deve averlo spiazzato.
Si è offerto per farci le pulizie e abbiamo declinato fermamente.
Un po' per necessità di privacy, un po' per ovvie ragioni. Siamo in grado di badare a noi stessi e a questa splendida casa senza problemi.
La voce deve essersi sparsa in tutta la costa circostante.
Questo atteggiamento di familiarità ci spiazza, abituati come siamo a doverci sempre imporre in luoghi che non conosciamo e che rappresenterebbero a tutti gli effetti casa.
Ma, e fa male dirlo, dove ci siamo sentiti più accolti e più compresi in tutte le nostre esigenze e a volte oltre, è stato qui.
Avevamo giorni fa un motorino a noleggio, prima di poter acquistare il nostro motorino a prezzi inverosimili.
Durante l'utilizzo, improvvisamente, ha smesso di funzionare.
Si accendeva ma non accelerava e moriva dopo pochi secondi.
Eravamo sulla strada principale di collegamento tra Matara e Mirissa.
Ovviamente nell'ora più calda e infame della giornata: le 12.30.
Pochi metri dopo lo stop una minuscola officina per motorini ci è apparsa come un miraggio.
Il signore che ci ha accolto ha interrotto ciò che stava facendo per prendersi cura di noi.
Ha portato il motorino sul retro della casupola di mattoni un po' malconcia sulla strada, ha improvvisato due sedie per farci rilassare e si è messo con perizia a pulire il tubicino di collegamento tra il motore e il serbatoio evidentemente intasato.
Abbiamo aspettato quasi una buona mezz'ora all'ombra delle palme mentre lui con fare assolutamente professionale ha accuratamente sistemato il danno.
Solo su nostra insistenza ha chiesto pochi euro per il lavoro che aveva risolto il nostro problema, con il sorriso sulla faccia.
Siamo ripartiti senza nemmeno sentire l'attesa, siamo ripartiti grati che quando qualcosa non funziona, male che vada, qualcuno farà qualcosa per noi.
Non sappiamo quanto durerà questa incredibile propensione verso l'essere umano ma per il momento proviamo l'ebbrezza di provarla ogni giorno, dalle più piccole cose alle cose più importanti.
Ma il limite tra le piccole e le importanti cose stiamo scoprendo che è davvero solo un nostro problema.
Loro, i singalesi, ci sono comunque.

domenica 21 aprile 2013

A proposito di felicità

Sono le sei di sera, il tramonto sta per arrivare, tempo giusto qualche manciata di minuti e la luce diventerà arancio rosata, filtrerà dalle finestre creando ombre e spicchi inaspettati di bagliori.
L'aria comincia a rinfrescare e aprendo tutte le finestre corre veloce come scie di fantasmi burloni.
Siamo al sud, in provincia di Mirissa, in una località dal nome impronunciabile, a poche centinaia di metri dal mare, avvolti dalla foresta abbondante e viva e da un reticolo di stradine garbate e poco battute.
Le finestre sono quelle della nostra casa, quella che abbiamo sognato e che abbiamo trovato dopo averne viste diverse senza che nessuna ci colpisse al cuore.
Questa è stata l'ultima che abbiamo visto, arrivati ormai stremati davanti ad un cancello che era tutto un programma con la sua imponenza e i suoi cardini in ferro battuto ben oliati.
Oltre quel muro di legno brunito, c'era lei ed era più bella di come l'avevamo desiderata.
Ma soprattutto era come se ci avesse aspettato da sempre.
E' una casa speciale, inusuale, in stile coloniale ma evidentemente partorita da una mente eclettica che ha reso possibile più volumi al suo interno simili alle stanza segrete della nostra mente.
I materiali predominanti sono il legno e il cemento lisciato.
Il legno è marrone scuro, riveste l'alto soffitto in travetti e pianelle, di legno sono le diverse scale che si rincorrono con gradini e corrimani, legno in tutte le finestre, tante e elaborate come quelle delle navi, legno in ogni pavimento nei quadrati che emergono tra la colata di cemento lisciata a dovere, legno nelle porte e nelle grate ad ogni finestra, legno nel mobilio, esiguo ma di carattere e infine legno nel porticato lungo il lato nord della casa e nel prolungamento dell'ingresso all'esterno.
I pavimenti paiono cesellature di cemento, posato in diversi disegni geometrici semplici e dove una mano esperta ha fatto affogare alcuni cubi di legno più chiaro così che siano allo stesso livello del cemento ma camminando a piedi nudi si possano percepire come qualcosa di rassicurante e vivo.
Il giardino all'esterno è curato e rigoglioso di palme, alberi di banane, alberi di papaya e rampicanti delicati.
Il giardino sul retro è una porzione di foresta che raramente e solo in alcuni momenti lascia passare i raggi del sole.
Gli unici suoni che arrivano sono i cinguettii degli uccellini, le urla strozzate di due pavoni che volteggiano di tanto in tanto sul tetto con la loro immensa coda da aquilone, gli squittii nervosi degli scoiattoli delle palme, i richiami dei tanti gechi che abitano la casa insieme a noi e talvolta, in lontananza, un muggito stanco.
Per il resto spesso è il suono dell'aria tra le grate delle finestre e il rumore dei nostri pensieri ad aleggiare tra queste stanze.
E' la casa del vento.
E' la nostra casa.



sabato 13 aprile 2013

Aspettando il Capodanno a Negombo

Negombo è in febbricitante preparazione, Negombo come qualsiasi altro posto qui in Sri Lanka dove si attende l'inizio di un nuovo anno.
Le strade sono pervase da un costante brulichio di uomini seri, donne affaccendate e bambini trascinati a forza in negozi di abbigliamento, alimentari, botteghe di piatti e bicchieri, bazar.
Ognuno, secondo le proprie disponibilità, si sta preparando a salutare il vecchio anno ma soprattutto a salutare il nuovo e con esso la speranza di una nuova vita.
E' il capodanno singalese, momento di festa e allegria.
Si acquistano abiti nuovi da indossare per l'occasione, cibi da preparare in nuove stoviglie e da dividere con tutti.
Sono i giorni in cui induisti, buddisti e mussulmani festeggiano insieme al di là del credo religioso, accomunati dal desiderio di incominciare un anno migliore.
Sarà un caso che ci ritroviamo qui in Sri Lanka di nuovo, a distanza di un mese dal nostro rientro dopo il viaggio di febbraio, senza nemmeno aver avuto il tempo di postare cosa, in quel febbraio, abbiamo visto e vissuto.
Sarà un caso che ci troviamo in Sri Lanka proprio alla vigilia di un nuovo anno, noi che siamo alla vigilia di una nuova vita.
Abbiamo fatto il passo, abbiamo lasciato quello che avevamo per quello che ancora non abbiamo ma abbiamo lasciato quello che non volevamo per quello che sappiamo di volere.
Festeggeremo anche noi, insieme a loro, questo nuovo anno che comincia.
Poi ci trasferiremo a sud, dove cercheremo una casa e dove staremo per un po', fino a quando il nostro spirito nomade non ci farà spostare di nuovo.
La sceglieremo grande, con un porticato arieggiato dove ripararci dalla pioggia e dal sole battente, dove sorseggiare te e fare chiacchiere o scrivere e pensare, sarà non troppo distante dal mare ma non troppo vicina al chiassoso via e vai dei turisti ma soprattutto sarà la nostra prima casa da nomadi.
Il che può suonare contraddittorio ma in realtà il nostro nomadismo avrà la peculiarità della libertà,la libertà di scelta, la mancanza di vincoli.
Forse ci fermeremo qui per qualche mese o forse no, forse pianteremo ortaggi e orchidee e vedremo il trascorrere del tempo solo attraverso le fioriture, forse non ci chiederemo mai, come sta già accadendo ora, cosa succederà perchè saremo troppo impegnati a vivere.