mercoledì 26 dicembre 2012

Risalire è un po' come morire

Non ce lo diciamo mai direttamente ma prendiamo decisioni che ci stanno riportando lentamente verso Colombo, facendo finta di nulla, per non incontrarci con lo sguardo smarrito di chi non ha alcuna intenzione di tornare.
Come in ogni finale di viaggio, ho la sensazione di avvertire l'autunno che arriva e non importa se ci sono 35 gradi, il caldo a volte è insopportabile e le cicale friniscono ininterrottamente.
E' una fine, un passaggio, stiamo per prepararci al rientro con il freno a mano tirato al massimo, rallentiamo i passi, rallentiamo i gesti, dilatiamo il tempo, o almeno così speriamo.
Ci fermiamo di nuovo all'Ocean Dream ad Anghama, non tanto per desiderio quanto per comodità di collegamento. E trovarsi da dove siamo partiti fa un certo effetto.
Rimaniamo tre giorni, riempiendo le giornate con scatti al tramonto ai pescatori mentre attendono l'alta marea per affrontare il mare, scatti alla spiaggia dei nostri amici prima che il sogno sia realizzato, nuotate in piscina perchè qui il mare è impetuoso, passeggiate lungo la strada perdendoci in strade laterali poco battute, pensieri chiacchiere e riflessioni.
I pescatori seguono un rituale ogni sera, probabilmente tramandato da chissà quanto tempo.
Quando il sole è ancora sopra la linea dell'orizzonte, cominciano ad arrivare nella piccola insenatura adiacente alla strada principale.
Uno sgangherato capanno in legno tra gli alberi nasconde la strada stretta e ripida che porta alla baia.
Ogni piccolo equipaggio è costituito da 3, massimo 4 persone. E almeno una di queste è un anziano.
Lavano il motore, controllano le reti e l'attrezzatura, scambiano due parole, mangiano frutta che ci offrono mentre spiamo discreti le loro manovre. Non ci parliamo che con lo sguardo e i sorrisi.
Lavorano alacremente ma in tranquillità, gesti decisi ma naturali che potrebbero svolgere a occhi chiusi.
Hanno le mani  belle segnate dal mare e i volti che paiono cartine geografiche con rughe profonde.
Scatta l'ora x, il sole si è abbassato e il mare cambia, diventa più blu, quasi nero ma meno violento.
Le barche partono una alla volta, devono essere guidate da un marinaio in acqua che pericolosamente guida la chiglia oltre le onde, la posiziona nel corridoio perfetto per prendere il largo.
Richiede fatica e coraggio, basta un'indecisione e si può venire colpiti da un'onda e sbattere violentemente contro la barca.
Ma questi uomini sanno il fatto loro, una dopo l'altra le barche lasciano la riva e spariscono all'orizzonte, verso il sole che si abbassa sempre più velocemente e noi rimaniamo soli a disturbare il riposo di colonie di perioftalmi e granchi che si trastullano sugli scogli.
E' un'immagine che dona pace nonostante il mio pensiero vada a quegli uomini che rischiano ogni volta la vita per sopravvivere.
Rientreranno all'alba, con le barche stanche come le loro braccia, quando noi riposiamo nel nostro letto.
Immagino una piccola lanterna a illuminare la via e nella luce che piano arriva li vedo, intenti a sistemare i pesci nelle casse, pronti per essere portati al mercato ed essere venduti.
Sistemeranno le barche a riva, accucciati attorno al fuoco berranno un caffè caldo e spariranno fino al tardo pomeriggio, per ricominciare tutto di nuovo.
Il profumo dell'autunno si fa più intenso ed è in quella sua particolare malinconia che amo perdermi, lasciando ogni volta un pezzo di cuore in immagini che cerco di fermare dentro di me per ritrovarle quando saremo così lontani da questa pace.


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