sabato 1 dicembre 2012

Bundala Park

Il risveglio al Bundala Park è quanto di più dolce possa esistere.
Ci sentiamo ospiti degli animali e della loro riserva. L'alba arriva con più naturalezza rispetto ad altre zone in cui siamo stati e questo accresce la meraviglia che proviamo sulla terrazza, in silenzio, con la nostra immancabile tazza di caffè, ad osservare il volo di ibis e marabu che solcano il cielo regalandoci un senso di unione con la natura assoluto.
L'aria è ancora fresca e rarefatta, le nostre tazze fumano sotto al nostro naso e ai nostri occhi avidi di immagini e il nostro silenzio lascia spazio al risveglio che armonicamente emette un suono che abbiamo dimenticato, quello della vita.
Oggi è il giorno della visita nel parco, dove è possibile entrare solo con una jeep ben equipaggiata e una guida (il battitore) che ci accompagna nella vastità della riserva.
Kamal ha organizzato la nostra missione e non appena terminata la nostra superba colazione preparata da Sunetra, arriva la jeep.
Partiamo armati di tutto punto. Armati di macchine fotografiche, obiettivi, zoom, macro, taccuini e la nostra fanciullesca curiosità.
Al nostro arrivo si aprono gli immensi cancelli del parco, quasi simili a quelli di Jurassik Park e la cosa ci fa sorridere, in seguito proprio ridere, pensando che dormiamo dentro al parco senza bisogno di battitori, jeep e permessi speciali.
Appena entrati pensiamo alla stranezza di poter vedere gli animali così vicini e liberi nel loro ambiente, perdendone quasi la naturalezza, ma è una sensazione che sparisce quando il battitore, un giovane singalese che sa il fatto suo ma non del tutto, ci spiega che tutti gli animali che avremo la fortuna di vedere anche da distanze molto ravvicinate, non sono abituati al contatto umano come lo intendiamo noi e ci considerano veramente dei meri visitatori, ma solo se rimaniamo al nostro posto. Ovvero: non si tocca nulla, non si lancia cibo, non si parla ad alta voce, non si scende mai dalla jeep se non autorizzati e soprattutto non ci si dimentica che siamo ospiti. Non ci si deve mai dimenticare il Rispetto.
Mi è difficile riportare ciò che abbiamo visto e provato, il rischio di cadere nella banalità o di far nascere la noia è presente sempre in chi racconta a chi non ha vissuto in prima persona.
Mi soffermo a fermare istanti particolari, inusuali così che la bellezza totale che abbiamo vissuto rimanga al di là di un buco di serratura dal quale si da un'occhiata immaginando il resto. Così che il resto possa diventare magia, sogno, immaginazione, curiosità. Voglia di aprire la porta e vedere quella bellezza.
Le scimmie sono ovunque ma non è facile vederle. Il battitore fa fermare la jeep e ci indica un punto tra gli alberi e lì, tra le foglie, una scimmia seduta con le zampe accavallate fissa l'orizzonte con aria assorta.
Altre scimmie sulla pianta al ciglio della strada non scappano al nostro arrivo; sono grigio argento con il muso nero e grandi sopracciglia che incorniciano occhi indagatori. Ci osservano, a lungo, sbadigliando e sistemandosi quelle folte sopracciglia.
Per un attimo ho la sensazione che siano loro ad osservare noi, così diversi ma alla fine così inquietantemente uguali.
Un falco crestato non si fa intimidire poco dopo dal rumore del nostro mezzo.
Ha una preda tra gli artigli, un uccellino ancora caldo che dilania con voracità, senza perderci mai di vista.
L'elefante è apparso all'improvviso, con grande soddisfazione del battitore che ci spiega che è rarissimo vederlo, vedere proprio lui, l'elefante maschio solitario, con le sue enormi zanne integre.
Deve essere un personaggio particolare, un tipo poco raccomandabile.
Scopriamo che l'elefante gode, nonostante la sua mole, di una capacità di mimetismo incredibile.
Il giovane e solitario maschio se ne sta nascosto dietro ad un alberello, aspettandoci. Ma praticamente invisibile.
Fermiamo la jeep e lui esce venendoci incontro.
Sento crescere la paura e la meraviglia in uguali proporzioni. E' bellissimo e determinato.
Ci osserva strappando i rami dell'alberello, fingendo di mangiucchiare qua e là, in realtà è sospettoso e piuttosto adirato. Anche se ancora lo nasconde.
Comincia una curiosa manovra di avvicinamento, una specie di danza silenziosa e pacata.
Avanza verso di noi, indietreggia senza voltarsi ma allargando passo passo il suo raggio così che ad ogni avanzata segue un indietreggiamento con direzione laterale. In poche abili manovre dal fronte della jeep (cabinato e protetto) ce lo troviamo sul retro dove l'apertura del mezzo gli consente una perfetta visione di noi e dei nostri movimenti ma soprattutto la percezione della nostra assoluta violabilità.
Per un attimo penso o forse spero che la manovra di aggiramento sia volontà di allontanarsi indisturbato.
Errore.
Sparisce di nuovo dietro ad un misero alberello per poi riapparire con uno scatto deciso sradicandolo con violenza. Vuole intimorirci e volentieri caricarci. Con gentile fermezza dico al battitore che possiamo anche andare ma lui ridendo ci dice che è solo scena. La cosa non mi tranquillizza per niente, vista la mia ultima e unica esperienza con un suo simile.
Si riempie la proboscide di acqua da una pozza vicina per spruzzarci sfrontatamente.
Il battitore da ordine di rimettere in moto e lancia un "ohh" gutturale e duro all'elefante per spaventarlo.
Lui si nasconde dietro ad un altro alberello secco per sfondarlo con un colpo di zanne.Di nuovo un "ohh" e l'elefante si blocca ma senza mai indietreggiare. La jeep lentamente comincia a muoversi e l'elefante prende a seguirci con il suo passo pesante e minaccioso.
In quel momento avrei voluto spingere forte sull'acceleratore.
Ci allontaniamo tra "ohh" e piccole cariche ma finalmente siamo lontani e lo vediamo fermo in mezzo alla strada di terra battuta a controllare i nostri movimenti.
Ci addentriamo in sentieri più stretti tra paludi e distese aperte e di nuovo macchie di vegetazione fitta.
Coccodrilli, ibis, bufali, bisonti, kingfisher, varani, cerbiatti, marabu, parrocchetti, donnole e puzzole.
Un ruggito profondo ci fa tremare. Fermiamo la jeep e mi chiedo se è proprio necessario. Il ruggito si ripete ancora più vicino e scopriamo che non  è un ruggito ma un barrito.
Di nuovo elefanti, di nuovo mimetizzati a un passo da noi.
Escono un grande adulto con il piccolo affrontandoci con lo sguardo.
Poco dietro altri tre elefanti si muovono tra gli alberi e la madre con il piccolo ci butta la terra addosso con la zampa. Non siamo molto graditi e questa volta ripartiamo subito. Per fortuna.
La strada prosegue fino ad arrivare ad alcune alture da dove arriva forte il profumo del mare e infatti varcata la collina ci troviamo in un piccolo spiazzo a strapiombo sugli scogli.
La visione è mozzafiato.
Scendiamo e il battitore ci fa segno di guardare laggiù, tra i flutti e la schiuma ed è là che le vediamo: le tartarughe marine. Sfidando onde burrascose emergono di tanto in tanto con la testa per poi rituffarsi nel blu.
Il vento forte copre le nostre parole, che sono poche in verità di fronte a tanta intensità.
Un cane mi si avvicina scodinzolando, vuole fare amicizia sperando che io abbia qualche boccone da dargli in cambio.Ma ho solo carezze che lui prende senza troppi problemi.
Risaliamo a bordo e ci allontaniamo con il sole che da lì a poco sarebbe tramontato alle nostre spalle e con gli occhi pieni di vita.



Nessun commento:

Posta un commento