giovedì 27 dicembre 2012

Galle Fort

E' la sera del 29 gennaio del 2012.
Di fronte a me, oltre il vasto prato dove i bambini si rincorrono e alcuni ragazzi improvvisano una partita a cricket, oltre la stradina bianca in riva al bastione dove le coppie passeggiano e nugoli di militari corrono, ancora più oltre,  passate le imponenti mura del bastione, mi cattura l'Oceano a perdita di sguardo.
Il sole sta per sparire, pochi secondi e tutte queste persone perderanno i loro tratti per diventare ombre in movimento.
Galle è una città a Sud Ovest dello Sri Lanka ben fornita e molto commerciale ma soprattutto Galle è Galle Fort, la città vecchia, un bizzarro esagono fortificato circondato sui cinque lati dal mare e separato dalla moderna Galle da un importante stadio di cricket e dalla stazione di autobus più affollata che abbiamo mai visto.
Noi alloggiamo all'interno di queste mura storiche, assorbendone il fascino e godendo la tranquillità che preservano nonostante il consistente flusso turistico.
Costruita e fortificata dai portoghesi divenne il principale porto dello Sri Lanka fino a che gli inglesi non presero il sopravvento spostando tutto il traffico su Colombo, ma nulla ha a che vedere con l'attuale capitale nè in termini di bellezza nè in termini di fascino.
Furono proprio le fortificazioni portoghesi a salvare molte vite dallo tsunami del 2004.
Tralasciando la parte moderna che risulta utilissima in caso di rifornimenti vari (dalle pile ai medicinali) ma che non presenta nulla di speciale, Galle Fort è un piccolo gioiello con una magia e una storia particolari che si respirano in ogni angolo.
Accanto a palazzotti del 1800 sorgono chiese del 1600, templi moderni e perfino una moschea.
Senza alcuna prenotazione, abbiamo fermato il tuk tuk davanti ad un bed and breakfast che ci attirava per la posizione tranquilla e come sempre il nostro istinto non ci ha tradito.
Il Sea Green è sviluppato su tre piani di cui l'ultimo direttamente su un terrazzo stretto e lungo dal quale io mi faccio catturare ogni sera dall'Oceano di fronte.
La nostra stanza è proprio sul roof quindi ci è sufficiente aprire la porta e trovarsi padroni del panorama.
Alla nostra destra, direttamente sui bastioni, c'è la caserma militare così che ogni giorno possiamo assistere al presentat arm e a estenuanti marce sotto al sole; alla nostra sinistra c'è la scuola, un alveare di piccole api con le trecce o il berrettino che cantano appena arrivate in classe, pregano e poi fanno ginnastica nello spiazzo enorme di fronte.
Appena sotto alla caserma, al di fuori della cinta muraria, direttamente sul mare, c'è la tomba di un santo musulmano la cui storia rimarrà un mistero.
Dalla strada circolare che corre adiacente alle mura si diramano piccole strade dove sorgono bed and breakfast, ristorantini, bettole, sale da tea, abitazioni per lo più di stranieri, scuole e due università.
Ce n'è veramente per tutti i gusti e per tutte le tasche e si può passare dal lusso sfrenato del Galle Fort Hotel con i suoi camerieri in livrea bianca molto english alla guest house con poche stanze spartane e bagni in comune.
Non in tutti i locali è possibile trovare alcolici, in realtà si contano sulle dita di una mano ma la gente del posto vi indicherà senza problemi dove trovare quello che state cercando.
Abbiamo cenato nella mecca del curry, un posto rinomato per l'abbondanza dei suoi piatti uniti ad una eccellente qualità e a prezzi veramente ridicoli.
Il Mama's Galle Fort è ubicato su una deliziosa terrazza dove mangiare sotto ad un cielo stellato in compagnia di qualche geco curioso e all'intermittenza romantica del faro a poca distanza.
Il ristorantino accanto al nostro bed and breakfast non è stato da meno. Si mangia in terrazza di fronte ai bastioni e la birra viene servita dentro alle tazze in ceramica con coperchio in ferro sbalzato.
I corvi qui sono più numerosi degli abitanti e sull'albero di fronte alla nostra terrazza li osservo, rannicchiati , dormire fino alle prime luci dell'alba, fino a quando con un balzo si stirano e si tuffano all'indietro nel vuoto per poi aprire le enormi ali e volare sui cornicioni delle torri.
Un pomeriggio una scimmia ha fatto la sua apparizione dal tetto della casa di fianco.
Ci ha osservati curiosa aspettando forse del cibo per poi scappare con lunghi e agili balzi infastidendo una coppia di scoiattoli.
Durante una delle nostre assolate passeggiate del mezzogiorno incontriamo colui che diventerà un appuntamento fisso: l' incantatore di serpenti con la sua minuscola scimmia.
Completamente privo di denti ci sorride scoperchiando uno dei due cestini davanti a lui e un enorme cobra dagli occhiali gonfia il cappuccio minaccioso.
Rispetto a tutti i serpenti che ho avuto modo di vedere in India e a Marrakesh, questo è veramente ben tenuto, senza residui di muta a penzolare dal corpo denutrito e con l'energia degna di un cobra.
L'incantatore suona il piffero e con l'altra mano sventola il coperchio del cesto per far ciondolare il cappuccio.
Facciamo foto e video e siamo gli unici avventori che gli chiedono, quasi pregandolo in verità, di poterlo toccare.
E a lui non pare vero! Scoperchia con soddisfazione l'altro cesto e appaiono dei babies ancora più energici.
La scimmietta nel frattempo, approfittando del momento di distrazione del suo padrone, sottrae dalla bisaccia un pacchetto di betel e se lo mette in bocca furtivamente.
Mi sale in braccio ed è irresistibile, quindi nonostante la mia diffidenza verso il genere, lascio che mi abbracci e giochi con le piccole dita con i miei impianti sottopelle che gli devono sembrare una cosa assai strana.
Insomma, è un po' come se ci scambiassimo un'esperienza: io ti tengo in braccio (cosa che non ho mai fatto) e tu tocchi le mie palline di teflon (cosa che sicuramente non avrai mai fatto).
Mi fissa con sguardo interrogativo e mi viene naturale parlarle. 
Acciambellato e totalmente innocuo accanto a noi un grosso pitone si gode il caldo della pietra.
Ma lo spettacolo sono loro, gli indemoniati.
L'incantatore ci racconta in un misto di inglese e singalese che provengono dall'India e che lui li accudisce amorevolmente per tenerli in salute. E ci crediamo, visti i risultati.
Tu sembri un bambino, ti avvicini sempre di più, agiti di fronte a loro il sacchetto con le bibite per vedere la reazione poi glielo richiedi un'ultima volta e lui ti fa cenno di accomodarti.
Non so più chi è l'incantatore, tu o lui.
Appoggi la mano sulla testa del più grande, con calma e freddezza, abbassandogliela piano.
Poi mi guardi felice: vuoi toccarlo?
Sì, cioè no, cioè sì. Con la mia mano nella tua mano insieme appoggiamo le dita su questa testa dura, sorretta da muscoli forti e in tensione ed io avverto una scarica di sorpresa, paura, gioia e sento tutta questa forza animale che mi attraversa senza nuocermi.
L'incantatore scatta una foto che coglie in pieno il mio sguardo stupito e insieme grato.
Grato a te, che mi hai fatto provare anche questo, in sicurezza, e mi ha fatto tornare una bambina curiosa e pronta a stupirsi ancora delle cose.
Gli lasciamo una lauta mancia e torneremo a salutarlo di nuovo nei giorni a venire.
Passeggiando sui bastioni a strapiombo sul mare notiamo una scala nella pietra che porta ad una piccola insenatura. Scendiamo cauti, gli scalini sono consumati dal tempo e dalla salsedine.
L'acqua è cristallina e dei piccoli di murena ci scivolano veloci tra le caviglie.
Serpenti marini! - ti urlo in preda all'entusiasmo. 
Alcuni ragazzi singalesi arrivano ridendo e parlando forte, si spogliano e si tuffano in acqua.
Dopo qualche istante ci chiamano divertiti e ci invitano a fare il bagno con loro nella caletta dopo, dove da una roccia isolata ci si può tuffare.
I turisti dall'alto ci invidiano e si fermano a guardarci mentre sguazziamo nell'acqua cercando di non scivolare sui sassi ricoperti di alghe.
Durante la giornata troviamo sempre il tempo di fare un salto a Galle città, è giusto un quarto d'ora di camminata. Le nostre mete preferite sono il supermercato Cargillis dove fare rifornimento di succhi e acqua, sapone e biscotti. 
Non troverò più i miei biscotti preferiti, una specie di fetta biscottata tonda e spessa, poco dolce e quasi rafferma, ma rimedio con prodotti del forno locale.
Poi c'è la cartoleria dove vendono le buste marroni che ricordo forse di aver visto per l'ultima volta negli anni 70 e che hanno un fascino assolutamente retrò.
Nel negozio di elettronica troviamo le pile per le torce e per la nostra attrezzatura fotografica a un terzo del prezzo europeo.
Torniamo e entrando dal voltone in pietra di Galle Fort incontriamo un signore che ci avvicina chiedendoci se siamo italiani.
Pensiamo subito al solito approccio per rifilarci qualcosa, dopotutto siamo in città e la città riserva spesso incontri di questo tipo.
Ma lui è diverso, si sforza di esprimersi un poco in italiano e ci dice che anche lui è in vacanza, dalla famiglia, perchè lavora ad Aosta in un albergo e orgoglioso ci mostra la carta di identità italiana.
Scambiamo ancora qualche chiacchiera, lui ama la sua terra ma è grato all'Italia dove lavorando può contribuire a mantenere tutta la sua famiglia che una volta all'anno per 15 giorni riesce a riabbracciare.
Si congeda da solo, dopo poco, scusandosi dell'intromissione e ringraziandoci per aver parlato con lui in italiano. Ci ha augurato buona permanenza e lo ha fatto con sincerità.
Il sole sta piano piano scendendo e i corvi si avvicinano alle case per individuare la sistemazione per la notte.
I soldati stanno rientrando di corsa dopo i quotidiani esercizi sui bastioni.
Alcuni signori anziani si attardano sulle panchine osservando le bizzarrie di noi turisti e ridono di tanto in tanto per i buffi cappelli dei giapponesi e i sandali con le calze dei tedeschi.
Non dicono nulla per i nostri tatuaggi ma muoiono dalla voglia di vederli da vicino.
Dopo tre notti al Sea Green dove avremmo voluto rimanere se ci fosse stata una stanza libera, ci spostiamo al Fort Dew Guesthouse, qualche metro più in là.
Un poco più affollato e caldo, si rivela comunque una sistemazione buona.
La camera è angusta direttamente sulla balconata che da sulla strada, Rampart Street, ma il bagno è grande e luminoso. Si mangia e si fa colazione sul terrazzo, ben attrezzato e ventilato.
Ed è su quel terrazzo che una sera il tempo si è fermato per un attimo regalandomi una autentica visione.
Ero indecisa se raccontarla oppure no, spesso le visioni sono come le bolle di sapone, basta soffiare troppo forte e invece di perdersi nel cielo integre, esplodono davanti agli occhi con somma delusione.
L'occhio di chi narra ha visto la magia ma la voce di chi ha visto può non essere in grado di trasmetterla nella sua bellezza.
Cedo alla tentazione ma solo per egoismo perchè quando rileggerò queste pagine accarezzerò di nuovo quell'immagine.
Dopo una certa ora, la sera, quando tutti sono usciti dai ristoranti, hanno terminato le passeggiate e si ritirano nei rispettivi alloggi, cala un silenzio quasi innaturale.
I corvi dormono appollaiati sui rami confondendosi tra le foglie, le cicale riposano nella brezza che arriva decisa dall'Oceano e i cani sono sagome tonde nella polvere dei prati.
Le luci dei lampioni piano piano si rincorrono spegnendosi e nella caserma si accende una curiosa luce rossa cupa che si fonde con l'oscurità. 
Noi rimaniamo in silenzio sulla terrazza, alla luce di una candela che va esaurendosi.
La musica è stata abbassata e anche dalla cucina le stoviglie tacciono.
In questo silenzio e in questa oscurità arrivano in lontananza un cigolio e un tintinnio cadenzati ma ovattati che nell'avvicinarsi aumentano lievemente di intensità.
Per un attimo mi vengono in mente i monatti nei Promessi Sposi che con il loro carretto si trascinano per le strade alla ricerca di morti appestati da portare via.
Rimaniamo in silenzio, quasi senza respirare e aspettiamo immobili; un brivido mi attraversa la schiena.
Dopo qualche istante appare sulla strada una luce gialla che barcolla e si avvicina insieme al tintinnio.
E' come se avanzasse danzando, sospesa nel buio, una sorta di  fuoco fatuo.
Finalmente è sotto alla terrazza e giù, nella strada, emerso dall'oscurità, finalmente lo vedo.
E' difficile dargli un'età, potrebbe averne 40 ma dimostrarne 60.
Cammina lentamente e spinge un carretto di legno dalle grandi ruote arrugginite che sorreggono un ripiano quadrato a sua volta sormontato da una tettoia aperta sui lati.
Sul ripiano è appoggiata una grande ciotola brunita ormai vuota e alla tettoia penzola, barcollando, una lanterna a olio con una fiamma gialla e calda che la brezza marina ogni tanto smorza senza mai spegnerla.
Cammina da solo, nel buio, senza parlare o cantare, cigolando ad ogni giro completo di ruota e facendosi varco in quell'oscurità con una fiammella.
Arriva una zaffata di spezie che si allontana con lui.
Dopo pochi passi il buio l'ha di nuovo inghiottito, mangiandosi lui, poi la fiammella che ha continuato da sola a danzare e per ultimo il cigolio.
Lo abbiamo visto veramente, così come abbiamo visto la capra aspettare l'autobus, Zio Tobia tornare dall'inferno e palletta gialla salutarci alla nostra partenza.
Abbiamo visto le lacrime di Sunetra, il sorriso sincero di Mr Luxman il burbero, il guardiano del giardino con il machete, il pavone sulla spiaggia e l'anima in fondo ai nostri occhi.
Perchè forse è solo qui che si vede per davvero.








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