martedì 24 luglio 2012

Chao Phraya

Chao Praya, o più correttamente Menam Chao Phraya, è composto da tre parole: Menam acqua e madre e Chao Phraya eccelso.
La madre di tutti i fiumi ha un corso gonfio e vivo, mi ricorda un enorme serpente avido e mai in pace.
Non so tradurre il fascino che si prova quando si entra all'Oriental, uno dei punti di imbarco più emozionanti del suo lungo percorso e uno dei nostri preferiti.
Il nome deriva dallo storico albergo in stile coloniale che precede l'ingresso all'imbarco; l'hotel, costruito verso la fine dell'800, ha visto nomi celebri del calibro di Lauren Bacall, Sean Connery, Audry Hepburn, Sophia Loren, Kissinger, Mick Jagger varcare le soglie del suo incredibile atrio.
Procedendo dritto, superata la fila di tuctuc in attesa di clienti e qualche bancarella di golosità thailandesi, si entra per un corridoio dove un agglomerato fitto di tettoie e passatoie in legno priva lo sguardo della luce ma è immediato il raggiungimento del pontile dove i taxi barconi si fermano con puntualità svizzera e con organizzazione meticolosa raccogliendo i passeggeri. E lì lo sguardo si perde tra il correre delle acque e la riva opposta, così lontana e così raggiungibile insieme.
Il fiume è vivo e i thailandesi lo utilizzano come una metro galleggiante.
Non si deve lasciare Bangkok senza averla vissuta da questo fiume pulsante dove puoi vedere e toccare con mano il contrasto tra i grandi palazzi e gli alberghi lussuosi e talvolta storici (come l'Oriental) e le catapecchie dignitose con i panni stesi a pelo dell'acqua e enormi varani che catturano il sole distesi sotto i loro porticati.
Le banchine sono di legno, rappezzate qua e là come capita mentre un'attenta e accurata legenda delle fermate lungo il fiume mi fa riflettere sul fatto che nel nostro occidente molto spesso non troviamo altrettanta chiarezza per autobus e treni.
Utilizzano un codice segreto per navigare il fiume che ci sfugge, (e poco dopo scoprirò che vale anche per il mare), legato a tempi velocissimi di "imbarco - sbarco" scanditi dal fischio prolungato o interrotto del ragazzo che attracca la corda del battello.
Ondeggiamo un poco sul molo e con un salto veloce siamo a bordo.
Ciò che a noi sembra un sogno, per la gente del posto è la normalità.
Come la ragazza addetta ai biglietti, la "bigliettaia".
Ha un astuccio rigido in latta ottagonale con due aperture longitudinali che ricorda l'astuccio pieno di semi degli aborigeni.
Lo scuote, le monete all'interno tintinnano e chiunque capisce che si deve fare il biglietto.
Comunicazione.
Straccia due bigliettini bianchi e rossi fatti di carta sottile come velina; rapidamente sistema soldi, fornisce resti e biglietto e riesce ad individuare nella calca chi è appena salito.
Se devi scendere devi portarti verso l'uscita della barca, attendere pazientemente l'ormeggio e scendere veloce con scioltezza. Ci si abitua. Basta osservare gli altri, i pendolari, e seguirli senza indugio.
Ma appena si plana sulla banchina della nuova fermata, vorresti già prendere un'altra barca e godere dell'aria frizzante che si sente navigando il fiume. Navigando il fiume! abbiamo navigato il fiume tante e tante volte che ora prendere un autobus pare un insulto!
La Thailandia mi sta entrando nel cuore con la dolcezza tipica orientale ma forse perchè è stata sempre lì, ad attendermi.
Questo post meritava spazio solo per la navigazione del Chao Phraya...ma la navigazione ci ha consentito di vedere altri Templi assolutamente non trascurabili e soprattutto di farci un giro per i canali secondari.
Altre avventure, altre letture.
Se andate a Bangkok fatevi un giro sul Chao Phraya. Non rimarrete delusi. E sicuramente ne farete più di uno!

l'ingresso dell'attracco Oriental















attesa sul molo






La bigliettaia

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