lunedì 27 luglio 2015

Invito a teatro

Prima che L'Aquila fosse L'Aquila, in un'epoca che possiamo indicare attorno al 300 a.C., qui sorgeva una città sabina chiamata Amiternum, dal nome del fiume che l'attraversava Aterno.
Estesa su una vasta superficie, Amiternum fu per molti secoli una cittadina popolata per lo più da importanti famiglie romane che qui si erano insediate costituendo un distaccamento di lusso della capitale Roma.
Il decadimento venne in seguito, con l'avanzata del Medioevo, l'accorpamento alla diocesi di Rieti e la successiva perdita di potere.
Di Amiternum si conservano ancora oggi importanti reperti archeologici, alcuni di essi accessibili grazie alle opere di rivalutazione e ristrutturazione effettuate nel corso degli ultimi anni e uno di questi è l'Anfiteatro.
Facilmente raggiungibile perchè situato non senza pesanti polemiche su una strada di grande traffico (è così che noi lo abbiamo scoperto per caso), l'Anfiteatro datato I secolo d.C. è stato riportato alla luce nel 1880 e recentemente è stato rinchiuso in un complesso dedicato all'archeologo e fotografo inglese Thomas Ashby che in maniera capillare e rigorosa frequentò questi luoghi agli inizi del 900.
La struttura è ellittica così che fotografandolo è possibile dare un'idea piuttosto precisa del fascino particolare che suscita.
Si può vedere ciò che resta delle arcate che correvano su due file una sopra all'altra lungo tutta l'ellissi, rendendo l'anfiteatro in grado di contenere fino a seimila persone.
Il prato verdissimo che spicca tra il rosso delle pietre e il blu dei cieli aquilani addolcisce quello che in fin dei conti è un rudere ripulito che ricorda molto una anziana dentatura mancante di parecchi denti.
Eppure quando il sole si abbassa tra quelle feritoie e si infila negli interstizi dei muri grezzi, il rumore della strada magicamente sparisce e tu, che osservi, rimani a custodire un silenzio che non ci appartiene più ma che, inspiegabilmente in questo posto, vince la modernità cacofonica cui siamo abituati.









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