martedì 28 luglio 2015

Oggi nessuna foto

Alla fine ho lasciato perdere.
Non me la sono più portata la macchina fotografica nel bosco.
Non è possibile riprendere i suoni o gli odori o certe sensazioni di allerta di quanto senti qualcosa muoversi nel buio di un cespuglio, ma non solo.
Se ti ci affanni il risultato è talmente deludente da farti dubitare di avere davvero visto certi dettagli ora persi.
Oggi sono entrata nel bosco, ho percorso la strada principale, ho affiancato la piccola chiesa romanica che profuma di fiori e ho preso la strada sterrata che per pochi metri corre parallela alla principale prima di deviare tutto a sinistra, proprio in direzione del Corno Grande.
E’ lì che ho rallentato il passo fino a fermarmi e poi ho aspettato, immobile, in silenzio, rendendo il più possibile silenzioso anche il mio respiro.
Mi sono finta albero, ho lasciato che il vento passasse tra i miei capelli scompigliandoli senza risistemarli, ho annusato l’aria che sapeva di corteccia e terra, ho percepito la temperatura abbassarsi di qualche grado, ho osservato le foglie diventare per pochi minuti lamine d’oro, nell’istante in cui il sole, abbassandosi, le ha baciate appena, facendosi largo tra i rami e i cespugli.
Ho penetrato un concerto di foglie e rami intenti a seguire un immaginario spartito in cui ognuno suonava al proprio ritmo e ho sobbalzato ad ogni brusco crepitio di foglie secche, segnale del passaggio di una curiosa ghiandaia o di chissà quale animale intento ad osservarmi.
E quando alcuni rami si sono abbassati verso di me dopo una folata di vento più forte, ne ho avvertito l’abbraccio suadente, ho colto la compenetrazione misteriosa dimenticando di essere un’ospite, desiderando moltiplicare quella sensazione un’altra volta ancora.
In distanza un muggito, il rombo di un motore, forse un trattore, alcune voci, tutto così lontano e tutto improvvisamente così estraneo.
Ogni piccola cosa nel bosco fa rumore.
Ho chiuso gli occhi, non senza un primitivo timore.
Mi è sembrato di sentire la marcia delle formiche davanti ai miei piedi, l’avanzare ballerino di una farfalla tra i rami, il fruscio dei rami più alti e più esposti al vento e il cigolare di quelli vicini a terra, la corsa nervosa di una lucertola tra foglie e terra.
La mia immobile osservazione fa parlare il bosco e quando, sebbene lentamente, accenno a un movimento, uno a uno, come interruttori, i rumori si spengono, lasciandomi orfana di un incanto.
Non ci sono foto per questo articolo.
Vi avevo avvisato.

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