martedì 1 ottobre 2013

Equazioni


Non fa una piega.
Si festeggia quando la luna è piena e dal momento che questo avviene una volta al mese, ogni mese dell’anno, va da sè che si festeggia almeno (sottolineo ALMENO) una volta al mese per dodici mesi in un anno.
Ovviamente questo non esclude altre importanti e irrinunciabili feste quali: il compleanno del Buddha, il capodanno buddhista, la fine del Ramadam, il giorno dell’indipendenza.
Insomma, per non farsi mancare nulla, la settimana lavorativa qui in Sri Lanka, dove la tradizione è ancora forte e poco risente del ritmo metropolitano di Colombo, si traduce così:
il lunedì tutti al lavoro, il martedì qualcuno si riposa, il mercoledì essendo in mezzo alla settimana richiede una pausa di riflessione, il giovedì è un pre-pre festivo quindi qualcosa da preparare c’è sempre, il venerdì è pre festivo e non si tocca, sabato è festa e ci si riposa, domenica è pur sempre domenica e la si dedica ai pic nic con la famiglia sulla spiaggia perchè poi il lunedì si ricomincia a lavorare.
Totale giorni lavorati: uno.
Questo accade nelle settimane cosiddette normali; la settimana in cui si festeggia la luna piena (la Poya) le cose sono un pochino diverse.
Faccio l’esempio della recente poya di settembre che è caduta di giovedì.
Lunedì si lavora ma non tutto il giorno che è una settimana impegnativa, martedì càspita ci avviciniamo ai festeggiamenti e quindi ci si dedica alle provviste e ai festoni da mettere in strada e vicino ai templi, mercoledì ci si riposa perchè è un super pre festivo, giovedì è il gran giorno e si balla si mangia si canta si prega fino a notte fatta, venerdì è prefestivo (eh beh, non è che la poya abbia eliminato il sabato), sabato è festa e poi ci sono ancora i residui della poya da smaltire, domenica è l’ultimo giorno di relax e mica si rinuncia al pic nic con la famiglia.
Totale giorni lavorati: mezzo.
Insomma, qui non ci si ammazza proprio di fatica e devo dire che le cose funzionano ugualmente con ritmi un poco diversi.
Il risultato è che il concetto di stress è qualcosa di totalmente astratto.
Dopo diversi mesi immersi in questa atmosfera a dir la verità un po’ narcotizzante e soporifera, ti viene spontaneo chiederti com’era prima, in Europa, a vivere di corsa con quella cosa...come si chiamava??? ah, sì, lo stressssss.
Ovviamente come in tutte le cose esiste un rovescio della medaglia che però, tutto sommato, non è così terribile.
La gente raramente si lascia andare a episodi di isterismo, si mette le mani addosso, si insulta con la bava alla bocca o blocca il traffico per sputarsi addosso veleno perchè la freccia non l’hai messa-sì l’ho messa ma tu non l’hai vista - tua sorella tua mamma - ti spacco....etc etc.
La flemma con cui si muovono e affrontano ogni cosa agli inizi può risultare irritante.
Quando si atterra a Colombo con il nostro ben carburato passo occidentale e bisogna aspettare dai venti ai quaranta minuti che il tassista prenotato in aeroporto prenda il foglietto con indicata la destinazione, lo legga, ci rifletta, recuperi la macchina, trovi le chiavi, sistemi i bagagli, metta in moto e parta, potreste essere facilmente colpiti da un tic nervoso all’occhio destro e da un inizio di balbettìo inacidito.
Spesso ci si può trovare al supermercato alla cassa con una sola persona davanti che deve pagare un kilo di riso e due patate con la carta di credito.
Secondo voi quanto tempo ci impiegate a raggiungere l’uscita dopo aver ovviamente pagato?
All’inizio pensate che fortuna, una sola persona davanti a me.
Poi dopo quasi quindici minuti a non capire cosa ci vuole a strisciare una benedetta carta di credito nell’apposito marchingegno e schiacciare il pulsantino verde, cominciate con il set dei tic nervosi. Ma resistete, non cambiate cassa, tanto è questione di un attimo, adesso ce la farà.
All’ennesimo fallimentare tentativo appare come un’entità superiore il “controllore”.
In genere è molto serio, arriva con l’aria di chi ha cose più importanti da fare che non risolvere le incompetenze dei suoi sottomessi. Si avvicina alla tremante cassiera e senza parlare digita due o tre codici, striscia di nuovo la carta del malcapitato e se ne va con aria di sufficienza, senza nemmeno aspettare il risultato poichè è evidente che ha già risolto tutto.
Ma lo sguardo disperato della cassiera di fronte al fallimento del superiore, ci fa capire che forse se cambiamo cassa è meglio per tutti.
Nel frattempo il simpatico gelatino che avevate deciso di mangiarvi o la bibita ghiacciata che avete scelto con cura e che state disperatamente cercando di pagare, sono diventati brodo.
Nessun problema, un addetto provvederà a cambiarveli prontamente con un cenno che sta per: riprova, sarai più fortunato.
Quando finalmente, sull’orlo di una crisi nervosa, la cassiera batte il tuo conto e paghi, ecco il jolly nella manica: non ha il resto. Cioè una cassiera del supermercato più frequentato da turisti e non, ha finito gli spicci, non ha moneta, non ha pezzi piccoli, non ti molla, sei prigioniero e vorresti non essere mai nato per non essere mai entrato in quel supermercato. Ennesimo cambio gelato e bibita, nel frattempo la cassiera sparisce (forse è scappata?) per riapparire con gli spicci (rubati dalla cassetta per le beneficenze?).
Grazie, torni ancora! Sì, buonanotte...
Bisogna armarsi di tanta pazienza e soprattutto non prendersela.
Se non si è disposti a lasciarsi andare, a mollare il ritmo chè tanto arrabbiarsi non serve a nulla anzi li rallenta ancora di più, allora tanto vale tornare a casa e salvarsi il fegato.
La totale mancanza di lungimiranza che caratterizza questo popolo e forse tanti orientali si presenta quotidianamente dalle piccole alle grandi cose.
Del resto, in questo caso, un popolo che ha vissuto una guerra civile durata vent’anni e uno tsunami catastrofico, per naturale tendenza non pensa al domani ma si concentra sul presente.
Il problema è che a volte il presente non va oltre l’ora.
Esempio: fare il bollino blu al motorino (eh sì, si viaggia dietro a camion che ti trasformano nell’uomo nero ma se ti fermano e non hai il bollino blu dell’automezzo che guidi son grane. Il bollino blu in realtà non si chiama così, è semplicemente un certificato che attesta il grado di inquinamento del veicolo. Non hanno ancora trovato un nome a questo documento e per il momento lo chiamano permesso di guida, da non confondersi con la patente che però si chiama allo stesso modo. Va beh, dettagli).
Si va quindi nell’apposito ufficio già dotati di fotocopia del libretto e la signora dietro allo sportello richiede l’originale. L’originale è rimasto a casa, ma essendo questa una fotocopia non va bene lo stesso? no. Non va bene. Vuole l’originale.
Si ritorna il giorno dopo con l’originale. La signora lo guarda, lo passa alla collega che lo guarda. Poi lo ripassa alla prima signora che dice: mi serve una fotocopia.
Ovvio. Ma è quella che ho cercato di consegnarle ieri.
Ieri? Domani? oggi è oggi e mi serve una fotocopia.
Magia, la fotocopia è nella borsa, eccola qui.
E restituisce l’originale. Ma questo allora non le serve?
No, dice candidamente e si prende la fotocopia che è la stessa del giorno prima, solo che oggi è oggi.
Una cosa però va detta: dove c’è organizzazione organizzata (e intendo ufficio, registri, ammenicoli vari che vanno dal computer al registratore di cassa) allora sappiatelo c’è il caos. Come dire: dove si tenta di incasellare tutto all’occidentale qui ci rimangono dentro (qui....a volte non solo qui...).
Il massimo dell’efficienza e della rapidità noi l’abbiamo trovata:
  • dal verduraio che in quattro e quattr’otto vi prepara il conto scritto a matita sul fogliettino di carta e ha sempre il resto. Se manca, il garzone attraversa la strada, cambia i soldi e il tempo di un sorriso voi siete liberi
  • dal pescatore che vi vende il pesce dopo una sana e appropriata contrattazione, ve lo fa pulire se lo desiderate e nel modo che desiderate, vi regala anche i resti per i cagnolini e ha sempre il resto a disposizione, oltre che una doppia borsa di sicurezza per evitare di arrivare a casa con mezzo pesce sparpagliato per strada o peggio sui vestiti
  • dal venditore ambulante di leccornie dolci e salate che dal suo carrettino materializza sacchettini di carta (ah la mancanza di plastica che meraviglia!) e spicci
L’equazione è presto fatta:
gestione=caos
semplicità=efficienza



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