domenica 28 dicembre 2014

Todos Santos: un guazzabuglio di storia e curiosità

A bordo di uno sbiadito cherokee che brontola come la mia vecchia bidella del liceo, attraversiamo per il largo la nostra penisola e raggiungiamo Todos Santos, dove le montagne della Sierra incontrano il deserto e subito dopo il Pacifico, aperto, immenso, inquieto.
Siamo esattamente sul Tropico del Cancro e abbiamo fatto un viaggio di 90 km su una super strada che taglia sconfinate radure di cactus, saguari e polvere rossa.
A proposito, sapete cosa sono i saguari? Sono i cactus a candelabro o con le braccia, (nome scientifico pachycereus pringlei). E per quelle braccia possono volerci anche 70 anni prima di vederle sbucare, quindi meritano profondo rispetto!
Entriamo nel paesino di Todos Santos non senza constatare quanto Odile, l'uragano di fine ottobre, abbia manifestato ampiamente il suo passaggio.
Palme tranciate a metà, abitazioni con il tetto divelto, cartelli stradali piegati innaturalmente su sè stessi, aiuole devastate.
Ma l'atmosfera cordiale e folcloristica è rimasta nonostante tutto.
Sull'unica via a doppio senso di marcia si affacciano piccoli negozi di ceramiche, tappeti fatti a mano,  manufatti in cuoio, cappelli di paglia alla moda texana e un nugolo indefinito di ristorantini dall'aspetto invitante.
L'Hotel California si trova su quella via, con le sue lettere in bronzo discreto attaccate alla facciata, seminascosta da piante incredibilmente verdi.
Avete capito di cosa sto parlando?
Vi aiuto:


Ecco, la leggenda ruota attorno a questo fantastico edificio ben conservato e dall'aspetto affascinante.
Parrebbe che la celebre canzone sia stata scritta proprio all'interno delle fresche e poderose mura da Don Henley, batterista, autore ma soprattutto voce degli Eagles.
Le leggende sono molteplici, dal significato simbolico del testo (filo satanico) al luogo della sua creazione, mai confermato e mai smentito, ma per tutti Todos Santos.
Entrando nel foyer si respira un'aria accogliente e immancabilmente misteriosa.
I colori sono accesi, il mobilio ben tenuto ma consumato, i dipinti alle pareti intensi e evocativi e al centro un lampadario, che potrebbe essere un Venini autentico, si integra amabilmente nella girandola dei rossi e degli amaranto.
L'accesso alle stanze è preceduto da un corridoio in penombra che esalta l'ambientazione da leggenda americana.
Insomma, nel complesso è un luogo da visitare, perchè che sia vera o no la leggenda, di fascino l'Hotel California ne ha da vendere.
Proseguiamo al giardino dei cactus, anfiteatro di un ristorante che se non avesse il giardino si classificherebbe appena dopo i mediocri. 
Pasto veloce, piuttosto dimenticabile.
Il vero gioiello della via è una minuscola bottega di due stanze piene zeppe di libri nuovi e usati e cartoline, alcune stampate, molte dipinte a mano: la Librerìa Tecolote.
L'arzilla signora inglese che ci accoglie è simpatica, solare, gentile e quando si accorge che tra le varie cose ho scelto un'edizione di Don Quisciotte per bambini appartenuto alla bambina Lilia del Pilar Hernandez Garcia della 1°D mi sorride con gli occhi prima che con la bocca.
Quel piccolo gioiello illustrato scalda il cuore.
Vorrei fosse più vicina a casa, la sua libreria è come un luogo d'incontro per amanti della lettura, un circolo culturale multietnico dove scambiare due parole buone.
Ma il carattere forte dell'Oceano Pacifico ci attende.
Grazie alle 4 ruote motrici riusciamo a varcare vegetazione, viottoli sterrati in alcuni casi con pozze d'acqua e là, dopo le maestose dune, sentiamo la sua voce.
Roboante, impetuosa, imperiosa.
Lo scorgiamo da lontano con i suoi cavalloni alti metri infrangersi sulla spiaggia deserta e i suoi spruzzi arrivano a bagnarci la faccia.
Camminiamo altri 5 minuti contro vento fino ad arrivare alla battigia.
La risacca è forte, fare il bagno è impossibile, così rimaniamo su questa lingua di sabbia sterminata a guardare l'orizzonte, pensando che di fronte a noi, navigando, troveremmo le isole Hawaii.
Salsedine e iodio in abbondanza, cavalli che giungono placidi da lontano e in cielo 7 pellicani in formazione fila indiana che volano alti sul mare.
Si rimane in silenzio, il rumore delle onde e del vento azzittisce la voce lasciando un varco pericoloso per i pensieri.
Rientrare è difficile, come se una strana magia ci tenesse prigionieri ma l'aria comincia a raffreddarsi e il vento diventa nemico.
Sporchi di sabbia, sole e mare rientriamo con il sole che va a morire alla nostra sinistra, colorando immancabilmente il cielo di rosa rosso e arancio.

il giardino dei cactus



la leggenda

il foyer
















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