mercoledì 13 marzo 2013

SRI LANKA 2013...ricomincia il Viaggio

28 gennaio 2013

Ricomincia qualcosa che in fondo non è mai finito:il viaggio.
Perchè il viaggio ce lo portiamo dentro, come una pianta che ha messo radici e continua a crescere e richiede nutrimento fino a che quella pianta diventa te e sei tu che richiedi nutrimento, cioè VIAGGIARE.
Siamo arrivati alla vigilia della partenza e ci sentiamo su uno scivolo che a tratti ci rallenta la corsa con le sue anse e a tratti ce la accelera con le sue ripide discese.
L'accelerazione comincia dal momento in cui saliamo in auto per andare all'aeroporto e aumenta una volta al check in: il biglietto aereo in tasca insieme al passaporto e un'ora di attesa prima dell'imbarco sono il nostro semaforo verde.
Dagli oblò del Boeing 777 riusciamo a scorgere solo le luci di segnalazione della pista, il buio ci accoglie rassicurante come una coperta calda. Dobbiamo solo metterci comodi e farci trasportare.
Rincorriamo il giorno e quando sarà luce saremo molto lontani.
Lo scalo della Emirates a Dubai è sul filo del rasoio ma la nostra preoccupazione è pari a zero.
Ci facciamo scortare dal personale della compagnia aerea fino alla porta di imbarco zigzagando all'interno di un aeroporto che pare una città e quando finalmente raggiungiamo il gate siamo sottoposti a nuove perquisizioni.
Dubai Colombo dura un battito di ciglia e capiamo che la nostra voglia di arrivare è così vitale da cancellare qualsiasi fatica o scocciatura.
Il caldo naturale e la luce intensa di Colombo ci accolgono senza nemmeno troppa sorpresa.
Usciamo dall'aeroporto e rimaniamo seduti su una panchina qualche minuto, sembriamo sommozzatori riemersi dal fondo dell'Oceano che riprendono il contatto con l'ossigeno.
La cosa bizzarra è che ci sentiamo davvero così.
Non ci pesa lo zaino né il caldo improvviso né le 13 ore di volo. Sorridiamo e cerchiamo di decidere il da farsi.
L'aeroporto di Colombo è distante dalla città così prendiamo un taxi per raggiungere la stazione ferroviaria di Colombo Fort, un importante capolinea da cui si snodano tutti i binari per l'est, il sud, il nord e il centro.
Il traffico è così congestionato che impieghiamo quasi due ore; arriviamo per l'esattezza alle 16,15 e il nostro treno per Kandy parte alle 16,30.
Dribbliamo un odioso personaggio dell'ufficio turistico all'ingresso della stazione che tenta di tutto per dissuaderci a prendere quel treno e probabilmente per farci prenotare un albergo in città e propinarci un tour organizzato la mattina successiva. Ignoriamo con decisione il fatto che, a sua detta, il treno è troppo affollato e non riusciremmo a salire e soprattutto che la biglietteria è probabilmente già chiusa.
Facciamo al volo i biglietti in una cassa ovviamente aperta e di corsa raggiungiamo la piattaforma dove il treno già aspetta.
Saliamo e troviamo subito due posti a sedere senza grossi problemi.
Sistemiamo i nostri zaini nelle retine sopra le nostre teste e subito troviamo chi ci aiuta spostando altri bagagli per farci spazio.
Un conto è ricordare la gentilezza singalese, un conto è ritoccare con mano lo slancio sincero di perfetti sconosciuti. E all'inizio è quasi difficile abituarsi.
Sarà un lungo viaggio, arriveremo verso le otto di sera dopo aver lasciato il caos di Colombo, attraversato placide pianure e addomesticato verdi colline.
Le nostre facce cominciano piano piano a cambiare, i tratti si distendono e gli occhi ritrovano la luce dell'anima.
Ci sentiamo come se respirassimo per la prima volta in tutta la vita.
I vagoni sobbalzano rumorosamente, saltellano, pare prendano il volo.
Le porte tra un vagone e l'altro sono aperte così come quelle di uscita dal treno e l'aria che circola, unitamente a quella mossa dai ventilatori a soffitto, rende il caldo molto accettabile.
Dal corridoio osservo il vagone dopo il nostro spiccare un balzo con il suo carico di persone e atterrare proprio quando cominciamo a volare noi; questo treno è come un lungo enorme serpente furioso che attraversa terre e fiumi, si addentra in caverne buie e se ne esce sbuffando e fischiando forte.
Ad ogni fermata si mangia un po' di persone e riprende la sua corsa.
Si snoda in una campagna che affiora dall'acqua e pare inzuppata anche dove è asciutta, una campagna popolata da sonnecchianti bufali a mollo in pozze d'acqua e punteggiata qua e là da ombrellini colorati che proteggono piccole donne a spasso tra le risaie.
Dalle casupole a ridosso della ferrovia di tanto in tanto sbucano mani di bimbi che salutano divertiti come se il passaggio quotidiano del treno fosse ogni volta una irrinunciabile sorpresa e dai piccoli agglomerati che si fanno spazio tra fronde grasse e impertinenti, le scene di vita semplice come stendere i panni o cucinare all'aperto fanno venire voglia di fermarsi e perdersi in quegli innocui e polverosi sentieri di terra.
Mano a mano che il treno avanza con ruggiti di ferraglia pesante, la vegetazione cambia e diventa invadente, quasi aggressiva, carnale direi. Lascia giusto il varco del passaggio dei binari per fondersi tutta insieme in abbracci, contorsioni, commistioni e attutisce, mangiandoseli, i suoni più bruschi.
Anche l'aria diventa più fresca, indossiamo una felpa e osserviamo dal finestrino il sole che dolcemente si affievolisce abbassandosi.
Il via e vai dei venditori ambulanti di cibo diminuisce, alla spicciolata ognuno scende con il proprio cesto quasi vuoto e salgono i venditori di caffè, che siano benedetti!
Per un attimo vorrei che questo viaggio in treno non finisse mai, per attraversare questa terra tutta la notte, avvolti nel buio e avanzando verso l'alba quasi con lentezza, per non disturbare il sonno di chi dorme.
Il cielo è ormai un grosso livido nero blu, attraversato all'orizzonte da una striscia fluorescente rosa che sembra rendere l'aria ancora più frizzante.
Le poche fermate che ci separano da Kandy sono in piccole stazioni quasi deserte, illuminate da fioche luci gialle.
Arriviamo puntuali, il treno rallenta e con uno scossone si allinea ai binari morti.
Il caos di qualche ora prima è lontano, ci accoglie una stazione per metà chiusa e disabitata.
Avviciniamo l'immancabile tuktuk per farci portare al Kandy View Hotel, l'unico albergo che abbiamo prenotato essendo la nostra prima notte in Sri Lanka.
Come da copione l'autista attacca con i soliti discorsi: ma avete prenotato? lo sapete che è lontanissimo da Kandy? è una guest house molto cara, state attenti a fare consumazioni. Inoltre non servono alcolici, dovrete ogni volta allontanarvi e raggiungere un posto dove potranno venderveli senza problemi.
Lo lascio parlare e intanto osservo il lungo lago che percorriamo pressochè al buio.
Arriviamo poco dopo al nostro albergo, nonostante le nefaste previsioni dell'autista.
Sorge appena fuori il lungo lago, sulla sommità di una strada in salita e nel buio non vediamo granchè se non che è pulito, tranquillo e sembra in posizione strategica per qualsiasi spostamento.
Quanto agli alcolici, dopo aver sistemato i nostri zaini in una grande stanza all'ultimo piano con enormi vetrate al posto di due pareti, ci godiamo una birretta fresca a poche rupie sulla terrazza dell'albergo, cullati dal venticello fresco che non ci fa abbandonare ancora la felpa.
Respiro a pieni polmoni, socchiudo gli occhi e mi arrivano i rumori della foresta circostante, squittii fischi, fruscii e un abbaiare qua e là. Riapro gli occhi, sì è tutto vero.
Dormiremo di un sonno lungo e senza sogni, tranquillo, abbondante.
Il primo dopo tanto tempo.



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