giovedì 5 marzo 2015

Febbraio

I mesi con 28 giorni ingannano, ti lasciano con il fiato corto e un po' storditi a ricominciare a contare da 1 così presto. Insomma, non vale e non vale nemmeno quando di giorni ne hanno 29 perchè è come comprare qualcosa che costa 9,99 euro.
Poi, se vogliamo dirla tutta, febbraio è sempre un po' compresso, con questa scusa che ha meno giorni degli altri mesi si farcisce a dismisura.
Per dire, noi abbiamo affrontato un Carnevale durato 10 giorni, un Festival dell'Arte, una visita all'Oceano Pacifico dove le foche ti saltano sulla barca (se ce l'hai), diversi avvistamenti di Samantha Cristoforetti, l'incontro con un libro magico, il salvataggio di un colibrì  e indimenticabili aperitivi sulla spiaggia alla sola luce della luna e delle stelle.
Sì odiatemi, lo so.
Partendo dall'argomento Carnevale, evento tanto atteso da tutta la cittadinanza, devo premettere che io non lo amo molto, anzi direi che non lo amo affatto.
Fino a che sono stata una bambina ricordo le stelle filanti e i coriandoli come qualcosa che si infila nel tuo costume da damina dell'ottocento e ti fa grattare senza sosta; da adolescente essere rincorsi da lupi mannari e pirati che desiderano inondarti di schiuma da barba o fiale puzzolenti non ha di certo migliorato la situazione. Da adulta infine ho accuratamente evitato ogni minimo contatto con feste mascherate, feste a tema, rincorse all'utimo minuto per trovare un costume originale e partecipazioni a sfilate di carri nel gelo dell'inverno padano.
Tutto negativo eccetto per i krapfen alla marmellata brusca di prugne che circolavano in casa e per le chiacchiere che dovevi mangiare senza respirare per non intasarti il naso di zucchero a velo.
La riluttanza con cui siamo scesi al paesiello tutto addobbato per l'occasione è quindi comprensibile.
Qui fanno le cose in grande, mobilitano strade, improvvisano parcheggi custoditi, dispiegano ben 221 uomini armati a sorvegliare la sfilata sul lungomare e le strade buie collegate, bloccano il traffico consentendo ai ristoranti di apparecchiare sulla strada.
Così ci siamo trovati seduti al tavolino di un bar con affaccio proprio sul Malecon, il lungomare, a bere una birra, sgranocchiare qualche tacos e guardare i carri passare.
Musica a tutto volume, ballerine di samba, dragoni di cartapesta, pappagalli giganteschi colorati, schermi giganti, band musicali e dall'alto dei carri i lanci tanto attesi dai bambini di dolci e caramelle.
Insomma, un bel bordello.
Confermo la mia indifferenza al Carnevale, bello, colorato, probabilmente divertente con le sue giostre a dipingerlo di una patina nostalgica, adatta ad una cartolina.
Diverso il Festival dell'Arte a Todos Santos, tranquillo, pacato, direi meditativo.
Todos Santos si conferma un posto un po' magico, come sospeso nel nulla e attraversato da una strana atmosfera che profuma di memoria ancestrale. Uno di quei posti che ti immagini scollegati da tutto il resto del mondo, un paesino in miniatura dentro ad una palla di vetro che se la scuoti scende la neve.
Gallerie d'arte aperte, ristorantini con musica e candele, un mercatino dell'artigianato dove comprare dalla sella per il cavallo alla migliore Tequila del Messico.
E' a Todos Santos che ho trovato un libro speciale, divorato in pochi giorni nonostante fosse in inglese: Just Kids di Patti Smith.
Una bibbia, un documento di purezza inaudita circa l'arte e l'amore, una fonte di ispirazione continua.
Un libro che nessun artista dovrebbe farsi mancare.
Diversa atmosfera a Cabos San Lucas, affacciato sull'Oceano Pacifico e meta di molti attori americani.
I bancomat erogano dollari anzichè pesos e questa la dice tutta.
Il porto di Cabos è ordinatamente abitato da imbarcazioni lussuose e da foche curiose che saltano a poppa cercando qualcosa da inghiottire.
Si respira denaro ad ogni angolo, nei negozi di alcune grandi firme, nelle agenzie di vendita yacht e negli hotel immensi popolati da americani e canadesi.
Le farmacie espongono a caratteri cubitali i nomi dei medicinali più introvabili, pronte a venderli senza ricetta e a prezzi esorbitanti.
Qui abbiamo bevuto la migliore Tequila fino ad ora trovata: la 5 Perros.
E l'abbiamo gustata nel bar più piccolo del Messico, giusto due metri per tre di legno tappezzato di dollari americani e biglietti da visita bizzarri.
Il ritorno al Mar di Cortez è stato come abbassare il volume della radio.
Abbiamo ritrovato la scia di Samantha Cristoforetti in certe notti stellate e abbiamo brindato alla luna, in completo silenzio fuorchè il rumore delle onde, e al salvataggio di uno degli esseri più delicati e incredibilmente affascinanti del mondo, il colibrì.
Lo abbiamo trovato come morto fuori dalla porta, esausto o accaldato non si muoveva ma respirava affannato. Un po' di acqua fresca sul capino, un sorso di nettare a base di acqua e zucchero e dopo qualche peripezia ha preso di nuovo il volo facendo roteare quelle minuscole ali.
Torna ogni giorno, infila il lungo becco nei fiori di aloe ronzando come un elicottero, compie un rapido giro intorno alla mia testa e se ne va.
Tenerlo in mano è stata una delle esperienze più incredibili che abbiamo avuto con gli animali.

Quando Patti Smith era solo un'anima lunga e nera per le strade di New York e Robert Mapplethorpe un viso d'angelo con i capelli a boccoli, una signora avvicinandoli disse al marito: ehi, guarda, devono essere due artisti!.
Il marito tirando dritto le rispose: no, sono solo ragazzi (Just Kids).





l'interno del bar più piccolo del mondo















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