mercoledì 3 luglio 2013

La voce della Natura

La notte scorsa è stata speciale.
Immaginate di uscire a notte inoltrata, in motorino ovviamente, nel buio più buio che c'è e prendere una strada a caso.
Weligama di notte, così come ogni paese, sembra disabitata.
Tutta la confusione che di giorno anima le strade, i negozietti, la bus station, sparisce lasciando il paese abbandonato a sè stesso in uno scenario inquietante da post guerra nucleare.
I cartelloni che ciondolano al vento con rumore sinistro, qualche fioca luce a illuminare le casupole adibite a negozio chiuse da assi di legno, cani randagi che si aggirano in branco alla ricerca di un posto asciutto e riparato dove dormire e il suono costante e assordante delle cicale...ogni angolo ha l'aria di un perfetto set cinematografico da film horror.
Usciamo dal disabitato centro prendendo la strada che porta verso l'interno e cominciamo a girovagare illuminando di tanto in tanto con i fari del motorino occhi spaventati che fuggono lesti con tutto ciò che vi è di attaccato a quegli occhi e di cui spesso non riusciamo a distinguere i contorni.
Procediamo lentamente, incrociando mano a mano che avanziamo banchi di nebbia di umidità che regalano allo scenario una strana atmosfera di attesa.
I cartelli in inglese ben presto spariscono mentre ci inerpichiamo in salite cui fanno seguito discese e la strada si restringe dopo ogni curva.
Avanziamo nel buio che ci mangia letteralmente, lo varchiamo con il fanale del motorino ma dietro alle nostre spalle si richiude come in una morsa densa e viva.
Costeggiamo un grande lago silenzioso che comincia dove termina il ciglio della strada così che basterebbe un balzo per trovarsi immersi in non so quali acque, magari infestate dai coccodrilli.
I lampi che ci arrivano in lontananza come bagliori esplosivi ben presto ci raggiungono, ci troviamo sotto ad un violento scroscio d'acqua che ci costringe a fermarci sotto la prima tettoia di un incrocio deserto e illuminato solo da un lampione che sussulta ad ogni tuono.

Nelle case si scorgono luci e ombre di persone che si muovono dietro a sottili porte di legno e finestre malamente oscurate da tende a righe stinte.
Non appena la pioggia accenna a diminuire riprendiamo il cammino ma la strada che avevamo scelto ci porta ad un cantiere aperto che non permette di proseguire oltre, così decidiamo di cercare una strada che ci possa riportare di nuovo verso la costa.
Ma è tutto da vedere.
Dopo pochi chilometri di strade deserte ci rendiamo conto che siamo già passati per quel sentiero, riconosciamo la sedia bianca di plastica abbandonata sul prato, un autobus parcheggiato sul ciglio con il lato destro ammaccato e un nugolo di cani addormentati sul marciapiede di una casa abbandonata.
Ci siamo persi.
Tentiamo un'altra via, il cartello è bianco e i caratteri singalesi unitamente ad una freccia potrebbero indicare "per di qua" o anche "via di qua". Noi procediamo.
La strada diventa sentiero sconnesso di terra rossa, farcito di buche piene di acqua piovana e occhi curiosi di rane in ammollo.
La vegetazione ai lati diventa via via più opprimente quasi a formare un tetto sopra le nostre teste; le stelle sono scomparse mangiate dalle nuvole gonfie di acqua.
Improvvisamente il sentiero diventa una fettuccia di terra che attraversa risaie e foreste, la percorriamo fino a che alla nostra destra un rumore sconosciuto ci fa fermare.
Tre quadrupedi non ben identificati ma piuttosto grossi si girano verso di noi puntandoci addosso gli occhi grandi e rossi e uno di loro comincia una manovra di accerchiamento, lasciando gli altri due e fissarci con intenzioni non proprio pacifiche.
A fatica giriamo il motorino in quel piccolo spazio di sentiero e ce ne andiamo, non senza controllare dallo specchietto retrovisore il buio che dietro a noi avanza rapido e sconosciuto.
La voce della Natura qui è così forte e apparentemente incontaminata che mi lascia una senso di primitiva paura e fondata inquietudine.
Siamo nulla nel buio di una foresta, siamo nudi come i primi uomini sulla terra, siamo ignari di ogni centimetro non illuminato dal fanale del motorino.
Ritroviamo la strada di casa, rivediamo la sponda del lago e la ripercorriamo a ritroso e in attimo ci ritroviamo nel paese fantasma.
Pochi attimi di brivido, 40 chilometri nel nulla e un ricordarsi che l'uomo, alla fine, è un animale tra gli altri animali, vulnerabile e solo.
Ci ripromettiamo, sulla rassicurante via verso casa che costeggia il mare, di provare a ritrovare questo posto durante il giorno.
O forse no. Lasciamolo nella sua perfetta atmosfera di sogno perduto.

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