domenica 5 ottobre 2014

Nuove pagine da riempire

Quando l'estate stava per finire e l'autunno era dietro l'angolo, io lo sentivo.
Cominciava a strisciare silenzioso un profumo di uva e pomodori essiccati al sole che prendeva lo stomaco, proprio qui, al centro del petto, e scatenava un senso di urgenza verso il tempo che era passato, come se fosse stata l'ultima estate, come se non fosse più possibile tornare indietro e forse un po' era vero.
Avevo sette anni, poi otto, poi nove, anni in cui si è ancora come cullati in un nido fatto di giochi, di sole d'agosto che spacca l'asfalto, di neve a dicembre che ti colora il naso di rosso dopo ore passate a rotolarsi nei prati imbiancati, di tè caldo al limone mai più bevuto uguale, con i biscotti conservati dentro alle latte con il coperchio, di grembiuli bianchi che ogni anno erano più piccoli e si dovevano cambiare insieme al fiocco rosa e di corposi quaderni nuovi e sussidiari con la copertina da plastificare, perchè non si rovinassero dentro alla cartella.
Pagine bianche che odoravano di carta pulita, non ancora tracciata dalle matite e dalla stilografica, perchè allora si usava la stilografica da ricaricare con le cartucce Pelikan.
Quella era l'emozione: pagine bianche da riempire, un futuro sconosciuto, ore passate in classe che volavano via anche se allora non ti sembrava.
Iniziavi con il primo giorno, timidi e curiosi a disegnare la lettera I di innaffiatoio, odore di matite appena temperate, briciole di gomma e per qualcuno buchi nel foglio, i pensierini sotto cui la maestra  metteva il voto con la matita rossa o blu, la stessa austera maestra che un giorno con le lacrime agli occhi ci disse di tornare a casa che avevano trovano un uomo morto nel bagagliaio di un'auto, quell'uomo era Aldo Moro; erano gli anni della strage di Bologna e di Alfredino Rampi e noi a buttar giù righe su righe senza pensare, allora, che quel nido perfetto stava già incrinandosi un poco.
Anni spensierati, a vederli da qui, anni di pagine bianche.
E' settembre, quel profumo è un intenso ricordo molto presente, e noi siamo di fronte a nuove incredibili pagine bianche: Malaysia.
Quando ci penso non posso non ricordare Sandokan, le foreste, i fiumi infestati da coccodrilli, barbuti guerrieri con i capelli lunghi e il coltello tra i denti.
Ma quello era il fantastico Emilio Salgari e ora siamo nel 2014.
Il veloce passo dell'Asia intraprendente, ( quella parte di Asia ), e la radicata appartenenza alle tradizioni, si esprime qui a Kuala Lumpur nei moderni grattacieli e nei vicoli pieni di bancarelle di cibo.
Non togliete mai ad un orientale il cibo, quello che da generazioni si tramanda di famiglia in famiglia; ed è così che puoi vedere giovani manager in giacca e cravatta  seduti davanti ad una ciotola fumante di zuppa di noodles e tofu, commesse eleganti di Chanel gustarsi piatti enormi di riso pesce e verdure prima di ritornare, impettite e bellissime, a servire orde di giapponesi dal portafoglio gonfio di carte di credito.
La commistione di cibo e acciaio è qualcosa cui ti abitui da subito, mangi noodles sotto a quella meraviglia che sono le Petronas e ti sembra di farlo da sempre.
Passi da vicoli con i mattoni lerci di smog e le insegne dei negozi esageratamente illuminate a piazze dove giganti di vetro e acciaio sfrecciano verso il cielo, invitandoti ad entrare nei loro rassicuranti e condizionati ventri puliti e perfetti.
Geniali tunnel raffrescati ti portano da un quartiere all'altro semplicemente camminando sospesi sulle trafficate strade, lontano dal caldo che ti rallenta il passo e ti annebbia la vista.
Kuala Lumpur è una Bangkok con velleità da Singapore o una Singapore con l'umiltà di una Bangkok.
Una perfetta simbiosi.
E le pagine cominciano a riempirsi.



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