domenica 29 giugno 2014

Paradiso e Inferno: tutto il mondo è paese

Dopo una lunga pausa dal blog e dall'isola, eccomi di nuovo a gironzolare tra foreste, mangrovie, mucche, templi e luoghi ameni.
Il tema è delicato, si parla di religione e qui con la religione non si scherza.
Per ovvi motivi di sopravvivenza su questa terra, evito di entrare nel cuore dell'argomento e così non scriverò di integralisti al di sopra di ogni sospetto, nè tantomeno di tensioni che sfociano in botte (perdonate l'espressione e la sua ovvia attinenza) da comunione, così come non distruggerò l'immagine soave e assurdamente odorosa di oriente della spiritualità modaiola di "mangia,prega,ama" (julia roberts mi perdoni); per lo meno non in questo post, anche se la tentazione è fortissima.
Descriverò semplicemente, corredando con reperti fotografici, la visita ad uno dei tanti e spesso interessanti templi buddhisti, smentendo la diceria un poco superficiale del "visto un tempio, visti tutti".
In parte è vero, le caratteristiche sono sempre le stesse: albero della sacra Bodhi al centro, immaginette sacre, candele e incensi profumati, la statua del Buddha in piedi o seduto o sdraiato.
Ma detta così è come dire che vista una chiesa si son viste tutte: se così fosse perchè rimanere ogni volta a prender moscerini con la bocca di fronte ad una Sagrada Familia, un Duomo di Milano, una Santa Maria Novella di Firenze, e potrei continuare ledendovi la pazienza.
Quello di Wewurukannala Vihara per esempio, a parte l'impossibilità umana di ricordarne il nome esatto, è un tempio che si distingue principalmente per la dimensione del Buddha seduto in posizione fior di loto e secondariamente per la rappresentazione alquanto singolare che è stata realizzata dell'inferno.
Il simpatico luogo di dannazione eterna non è privilegio della religione cristiana bensì i monaci buddhisti ci introducono alle peggio torture che a Dante fanno un baffo.
Il tempio è a circa 22 km dopo Matara ed è segnalato da un enorme cartellone sbiadito che invita a lasciare la strada principale per dirigersi verso l'interno.
Non c'è bisogno di ulteriori segnalazioni poichè appena svoltati nella strada secondaria, all'orizzonte, in fondo alla via, si staglia nel cielo una testa di Buddha enorme, attaccata ovviamente ad un corpo nascosto dalle mura di recinzione del tempio.
L'ingresso è a pagamento, poche rupie cui si aggiungeranno altre rupie per i fiori di loto: volete forse entrare senza nemmeno un omaggio a Lord Buddha?
E poi, diciamolo, fa tanto coreografia e atmosfera, ci si sente molto elevati.
La prima parte della visita è molto interessante ma decisamente seria; si entra in un edificio affrescato e arricchito di statue, bassorilievi e zelanti guide che con precisione e professionalità vi illustreranno passo passo ciò che l'occhio incontra.
La pianta dell'edificio è quadrata con al centro una stanza più piccola contenente il Buddha sdraiato, luogo di preghiera, leggermente in penombra, altamente suggestivo.
Attorno a questa stanza centrale si percorre un corridoio dove tutte le statue e gli affreschi raffigurano tutta la vita di Siddharta, illuminatosi poi in Buddha.
Interessanti sono le spiegazioni dei Mudra, i diversi modi di tenere le dita delle mani nel momento della meditazione a seconda che il Buddha venga raffigurato seduto o sdraiato.
Una lunga fila di statue di diverso aspetto rappresentano le diverse reincarnazioni del Buddha e tra di esse appare anche il diavolo. Come dire: santo sì, ma so cos'è la vita.
Interessante spunto ma qui mi fermo.
La bellezza del Buddha in alcune sue rappresentazioni è sconcertante e non si può rimanerne indifferenti, pur nel totale ateismo.
Usciti dall'edificio si rimane un attimo nel cortile polveroso a cercare di capacitarsi delle dimensioni del Buddha che dalla strada ha fatto capolino tra alberi e mura di cinta.
Una bianca e assolata scalinata conduce ai suoi piedi, un cane dorme sdraiato mollemente su un gradino in semi ombra.
Secondo edificio, basso e buio, ci accoglie come l'antro del diavolo e poco ci sbagliamo.
Dopo un'immagine di purezza aerea e di intensa meditazione, qui entriamo nella rappresentazione di scene dell'inferno della più cruda specie.
Uomini nudi a testa in giù segati in due partendo dai genitali, uomini al cospetto di diavoli minacciosi e assetati di sangue, uomini che ardono tra fiamme eterne e continuamente disturbati da famelici cani,   bollitura di uomini in pentoloni minacciosi.
Si procede passo passo a vedere ogni tipo di punizione e soprattutto ogni tipo di peccato che merita siffatta tortura: furto, menzogna, abuso di alcolici, violenze ai monaci, violenze ai mendicanti.
In cima alla classifica dei peccati più inaccettabili c'è l'abuso di alcol.
Avete mai riflettuto sul fatto che la cosa più proibita diventa la cosa più ambita?
Le file fuori dei rivenditori di alcolici è perenne e comincia alle 9 del mattino quando aprono.
L'alcol in Sri Lanka è sul confine della legalità: si può acquistare solo nei negozi autorizzati dal Governo e la cui apertura è oggetto di concertazione tra Governo e Comunità Buddhista.
Tali negozi osservano rigidissimi orari di apertura e chiusura e durante la Poya (plenilunio) o feste religiose rimangono senza eccezioni chiusi.
In ogni altro posto è impossibile acquistare una birra e molti dei locali servono alcolici senza licenza.
E' qui che tutti i turisti si rifugiano come assetati in preda a crisi convulsive quando c'è Poya e attenzione: nella scelta del locale è bene evitare quelli che la licenza la posseggono.
Se un locale non ha la licenza può somministrare ogni giorno dell'anno perchè in caso di controllo nessuno potrà levargliela: non si leva qualcosa che non c'è!
E per un attimo si vive l'ebbrezza dell'illegalità pura, quella che si espone alla luce del sole con un ragionamento dotato del più immacolato candore logico!








e dopo questa sogni d'oro.....









1 commento:

  1. Questo è davvero un buon "quadro"... mi sono proposti immaginata😊

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